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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Obama è entrato per la prima volta in una moschea americana. È un messaggio a Donald Trump

«I musulmani americani ci rendono più sicuri. Ce ne sono nella nostra polizia, nei vigili del fuoco, nelle nostre forze armate. Chi attacca la loro religione, attacca tutte le religioni». È la prima volta di Barack Obama in una moschea d’America. Inseguito dalle false leggende della destra sulla sua fede islamica (malgrado le smentite fattuali, ci crede ancora il 29% degli americani e il 43% degli elettori repubblicani) Obama aveva reso omaggio ad altre moschee durante viaggi all’estero, mai in patria. Lo fa adesso per denunciare e contrastare i messaggi di odio lanciati in campagna elettorale. Ma anche per mobilitare i musulmani nella lotta contro le ideologie del terrore. Non nasconde i suoi bersagli: Donald Trump che vuole chiudere le frontiere ai musulmani, Ted Cruz che propone “l’esame di religione” prima di concedere asilo ai profughi. La moschea che visita il presidente è dentro l’Islamic Society di Baltimora. Migliaia di fedeli lo accolgono con entusiasmo, in rappresentanza dei 2,75 milioni di musulmani americani.
A introdurre il presidente è una studentessa di medicina della University of Maryland, Sabah Maktar, con il capo coperto dal velo. Sorride felice, gettando sguardi verso Obama. «Alcuni di noi – dice la giovane – in questo periodo sono assaliti dal dubbio se siamo integrati in questa società. Per me la visita del presidente è una risposta, è una garanzia, afferma a tutti i ragazzini musulmani bombardati da slogan anti-islamici che sì, loro appartengono a questa società».
Obama rende omaggio alla moschea descrivendola come «una storia tutta americana, un luogo dove si impara il rispetto degli altri, dove gli insegnanti aprono le menti dei giovani, dove si gioca a basket, dove si curano i malati di qualunque religione». Nel pubblico dei fedeli c’è anche una star dello sport, un campione di corsa a ostacoli che parteciperà ai prossimi Giochi olimpici. E dunque: «Voglio cominciare con la parola che i musulmani americani non sentono abbastanza: grazie». L’affondo contro i repubblicani arriva, il presidente condanna «l’imperdonabile retorica politica contro i musulmani, indegna della nostra nazione, colpevole d’incoraggiare a sua volta atti di violenza». È sbagliato, sottolinea Obama «fare l’amalgama tra gli orrendi attacchi terroristici e i valori di un’intera comunità religiosa». Ricorda che per oltre mille anni «l’Islam ha attirato fedeli grazie al suo messaggio di pace». Rende omaggio al ruolo di questa religione nella storia d’America, ricordando che qui l’Islam arrivò molto presto: era la fede di alcuni degli schiavi deportati dall’Africa. Peraltro, con l’Islam arrivò anche l’islamofobia, tant’è che un altro presidente fu vittima di dicerie dei suoi avversari politici sulla presunta fede maomettana (come si diceva allora): fu Thomas Jefferson, uno dei padri della Costituzione e della Repubblica. «Vedete – scherza Obama – non sono stato il primo...».
Il presidente non è andato in moschea solo per riparare dei torti. Vuole anche affrontare una questione spinosa ed essenziale: la battaglia delle idee per contrastare l’islamismo della jihad, una battaglia nella quale i musulmani devono essere impegnati in prima linea, senza esitazioni e senza ambiguità. Li esorta a fornire la massima cooperazione a magistratura e forze dell’ordine, per individuare i terroristi e i simpatizzanti. «L’ideologia contorta dei terroristi islamici – dice – è una realtà, esiste. La questione è: come progredire, come mantenere la nostra nazione forte e unita? Tutti devono esprimere la propria fede religiosa in modo tale da costruire ponti, non creare divisioni. Dobbiamo essere coerenti nel condannare ogni linguaggio dell’odio e della violenza. Nessuno deve restare in silenzio. Nessuno si comporti da spettatore passivo davanti al fanatismo». Un’attenzione particolare ai giovani, visto che tra loro l’America ha avuto dei “lupi solitari” auto-indottrinati alla jihad sui social media: «Oggi nel mondo ci sono voci, soprattutto su Internet, che vi invitano a scegliere tra la vostra identità islamica e quella americana. Lasciatemi dire, da presidente, che voi appartenete a questo paese».