Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

I giornali hanno dato con troppa sufficienza la notizia che un miliardo di persone adopera WhatsApp

I giornali hanno dato con troppa sufficienza la notizia che un miliardo di persone adopera WhatsApp. Il successo di WhatsApp è invece il punto di partenza per capire quello che sta succedendo nel mondo interconnesso dei telefonini, delle applicazioni, dei video e di tutta la comunicazione che passa in rete.

Intanto si tratta di dir bene che cos’è questo WhatsApp.
È un’applicazione («app»). Te la scarichi sul telefonino gratuitamente e da quel momento non hai più bisogno del campo che ti garantisce il tuo gestore telefonico. Basta che ci sia una rete e puoi telefonare o chattare o spedire foto o video a chiunque. Senza pagare un centesimo. Altro vantaggio: tu e i tuoi amici che hanno WhatsApp potete formare un gruppo e a quel punto è come se foste tutti perennemente riuniti in una stanza. Qualunque cosa voglia comunicare uno del gruppo è condivisa all’istante da tutti gli altri. Nei giornali, per esempio, va benissimo: il caposervizio se ne sta a casa sua e intanto governa i redattori con un semplice messaggio (funziona se tutti sanno quello che devono fare). Naturalmente nella maggior parte dei casi la formazione di un gruppo su WhatsApp ha motivazioni solo giocose.  

Problemi? Non può essere tutto così liscio.
Non puoi comunicare se non con qualcuno che ha a sua volta WhatsApp. Secondo problema: il sistema ti chiede la tua rubrica telefonica in modo da sapere chi sono quelli con cui ti puoi collegare. C’è evidentemente una questione di privacy. Ma, curiosamente, gli unici che l’hanno sollevata sono gli arabi. Una faccenda tutta da capire.  

Se tutto è gratuito, dove sta il business?
WhatsApp è stata inventata nel 2009 da Jan Koum e Brian Acton. Bastarono tre anni per contare sulla sua piattaforma 27 miliardi di messaggi al giorno. Si scatenò la solita guerra per la sua conquista, con i soliti soggetti in gara, cioè Apple, Facebook e Google, e alla fine (anno 2014) vinse Facebook con un esborso di 19 miliardi di dollari. Trovo su www.ziqqurat.eu la notizia che 19 miliardi del 2014 corrispondo al valore in quel momento delle prime 20 squadre di calcio del mondo (dal Real Madrid al NewCastle, passando per la Juve, valutata 694 milioni). Interessante, ma non ci spiega ancora dove sta il business, dato che, dopo un primo periodo in cui si sborsava qualcosa, Zuckerberg, il padrone di Facebook, ha deciso che la app è gratuita, chi la adopera non paga niente e non c’è neanche la pubblicità. Credo che lo scopo di Z. sia quello di creare una struttura comunicativa planetaria, dalla quale escludere tutti gli altri. I soldi ci sono, il problema è arrivare prima degli altri al dominio virtuale del Pianeta.  

Ci sta riuscendo?
Per ora i numeri gli dànno ragione. L’utile di Facebook negli ultimi tre mesi del 2015 è stato di 1,56 miliardi di dollari, il doppio dell’anno precedente, con ricavi saliti del 52 per cento a 5,84 miliardi di dollari contro i 3,85 del 2014. L’allargamento dei confini, con l’acquisto di WhatsApp e di Instagram (per condividere le foto) ha messo all’angolo Twitter. Che cosa sono i 316 milioni di utenti cinguettanti contro gli 1,59 miliardi di amici virtuali di Fb + il miliardo di WhatsApp + i 400 milioni di Instagram? E infatti Twitter è in guai molto seri. Ha tagliato cinque dirigenti, sta pensando di rinunciare ai 140 caratteri (un errore), ha licenziato a ottobre 336 dipendenti.  

Quali sono a questo punto gli avversari di Facebook?
Google, che è riuscito a comprare YouTube prima che ci mettesse sopra le mani Zuckerberg. Anche qui siamo a un miliardo di utenti attivi, contro i quali Facebook sta muovendo Oculus Vr, piattaforma da cui si possono trasmettere dirette in streaming. Apple è un altro soggetto forte, ma con un problema tosto emerso dagli ultimi bilanci: l’acquisto di telefonini è fermo, il mercato è saturo e la concorrenza di quelli che producono prodotti base che costano dieci volte di meno si fa sentire. La prossima battaglia sarà intorno a Tumbir e a Snapchat. Yahoo!, nei guai fino al collo per la concorrenza di Google, dovrà vendere prima o poi Tumbir, piattaforma di microblogging con 420 milioni di utenti attivi. Intorno a Snapchat, che permette di scambiarsi testi e immagini senza che restino tracce del traffico, la guerra è all’ultimo dollaro. Il fondatore Evan Spiegel, 23 anni, ha rifiutato i tre miliardi offerti da Zuckerberg. I cinesi di Tencent Holdings (e-commerce) gliene hanno offerti quattro. Lui ci sta pensando.