Corriere della Sera, 30 dicembre 2015
E allora parliamo un po’ di gufi
Non è male parlare un po’ di gufi, gli straordinari rapaci notturni di continuo citati, invocati e, ora, persino disegnati sulle slides della conferenza stampa di fine anno dal presidente Renzi. L’abbinata gufo-malaugurio si perde nella notte dei tempi e abbonda in molte tradizioni popolari. È una superstizione radicata, giunta fino a noi come accade alle credenze malefiche, dure a morire. Ma ora il gufo è uscito dalle oscure leggende contadine ed è balzato ai livelli più alti della politica italiana. Merita dunque descriverlo, per verificarne l’aderenza alla simbologia negativa e, magari, rendergli un po’ di giustizia. Se penso al gufo reale gli aggettivi da usare sono: maestoso, intelligente, raro. E poi bello, di quella bellezza vera, prodotta dall’evoluzione che plasma armonicamente forma e funzione. Una macchina perfetta, con vista acutissima, volo silenzioso e rapido. Un simbolo della nostra fauna, prezioso, perché ne sono rimaste solo 300 coppie in Italia. Un’immagine fiera dunque, quella del gufo, che solo l’ingenuità delle tradizioni popolari ha trasformato in simbolo del malaugurio per il suo stile di vita solitario, notturno e quei vocalizzi che solcano il buio. Ci sono però anche credenze contrastanti. Il gufo era simbolo di saggezza per gli antichi ateniesi, associato alla dea Athena. Il ciondolo a forma di gufo in molti paesi si ritiene porti bene e tenga lontano i malanni. Insomma ci vorrebbe attenzione a definire «gufo» un avversario. Non solo è un po’ ambiguo, ma se lo si usa nel suo prevalente significato di menagramo risulta un po’ trito e certamente distante dal mondo smart dei nostri giovani e brillanti politici. Infine non dimentichiamo che il gufo ruota il capo di 360°, il che fa alludere a una capacità di controllo totale dell’intero arco parlamentare…