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 2015  dicembre 29 Martedì calendario

Storia di Serenella Fucksia, l’epurata numero 37 del M5s

Un monito e il colpo di coda dopo mesi di tensioni interne: la cacciata di Serenella Fucksia dal M5S è frutto di una combinazione di fattori. Anzitutto, la volontà di staff e fedelissimi di non derogare alle regole sulle rendicontazioni: un messaggio chiaro per chi tra i Cinque Stelle si è posto in situazioni borderline sulle spese (e non solo su quelle). Un segnale lanciato a senatrici «critiche», in primis Elisa Bulgarelli. In secondo luogo, è l’atto conclusivo di un continuo logoramento dei rapporti, un percorso durato quasi due anni, da quando nel marzo 2014 la senatrice – sfiduciata dai militanti marchigiani – sfiorò per la prima volta l’espulsione. Ieri, lo strappo finale. Il blog di Beppe Grillo pubblica un post in cui si annuncia la votazione per espellere Fucksia, rea di aver «violato ripetutamente il codice di comportamento dei parlamentari 5 Stelle» a causa della mancata restituzione delle «eccedenze degli stipendi di aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre 2015», nonostante «i diversi solleciti inoltrati con scadenze in data 8, 21 e 26 dicembre». In serata il risultato bulgaro: il 92,6% dei 26.630 votanti è favorevole all’espulsione.
Il caso-Fucksia teneva banco da settimane tra i Cinque Stelle, con una richiesta di espulsione avanzata dal capogruppo Michele Giarrusso. Richiesta stoppata in un primo momento, proprio perché il Movimento ha adottato nell’ultimo anno una politica più elastica. Una situazione nota anche alla senatrice marchigiana che su Facebook commentava: «Se io pendo, e trovo ciò discutibile, essendo persona libera e pensante, altri galleggiano e non è un bel vedere». Molti i punti che hanno alimentato i malumori. Dai complimenti a Maria Elena Boschi sulla mozione di sfiducia – respinta – del M5S («Oggi la ministra ha fatto una bella figura. Chapeau!») alle continue frecciate sui meccanismi del Movimento, al sostegno al senatore ex M5S Francesco Molinari, ai molti (oltre 250) voti non in linea con quelli del gruppo: una trafila che ha spinto anche la base di Fabriano a sfiduciare lo scorso 23 dicembre, per la seconda volta, la senatrice. Fucksia si è difesa, ha annunciato in giornata di aver fatto il bonifico, ha attaccato i vertici, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio (che avrebbero «perso il controllo»), e ha parlato di scusa ridicola, puntando l’indice contro Giarrusso ( «voleva sottolineare in questo modo il suo ruolo, dare enfasi al suo mandato»). Il capogruppo a Palazzo Madama, dal canto suo, ha replicato su Facebook a chi chiedeva spiegazioni: «Vai sulla sua pagina e leggerai le sue scuse e anche gli apprezzamenti alla Boschi, al Jobs act, alla buona scuola e gli insulti ai suoi colleghi».
I militanti, sui social network, si sono schierati contro la senatrice. C’è chi ha lanciato l’hashtag #staiserenella, chi ha protestato («caccia la moneta»), alcuni hanno chiesto spiegazioni, altri hanno spostato l’obiettivo più in là, iniziando a parlare del vincolo di mandato in vista delle prossime Politiche, un tema sensibile che nelle ultime settimane sta alimentando la discussione nella base (la stessa Fucksia aveva commentato: «Trovo quell’articolo più tutelante la democrazia di altri»).
Il caso ha suscitato anche le reazioni nel Pd, tra cui quella di Lorenzo Guerini. Il vicesegretario ha twittato: «Se pensi differente dal M5S ti espellono. Altro che democrazia della rete, è la dittatura di Casaleggio, il lato oscuro della forza».
Oltre al caso Fucksia, e dopo quello di Livorno, i problemi interni per il Movimento in questo 2015 sembrano non arrestarsi: ieri a Gela il sindaco Domenico Messinese ha sostituito tre assessori.