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 2015  dicembre 27 Domenica calendario

Dove sta andando Verratti? Intervista al calciatore italiano più ammirato in Europa

Fuori c’è la vita che ringhia e sotto di lui il mare nero che cerca le prime luci della sera. Quando torna a casa, Marco Ver­ ratti ha sempre emozioni forti che lo at­ tendono. D’altronde, essere un sogno re­ alizzato comporta dei doveri silenziosi. Quelli che lo portano ogni anno all’Agbe, l’Associazione genitori bambini emopatici di Pescara, come a casa di persone malate che e lo accolgono come un re taumaturgo. «C’è Guido, un cinquantenne malato di Sla che ormai non riesce a muoversi quasi più, che indossa solo le mie maglie e oggi quando mi ha visto ha detto: “Ora posso morire felice”. Una storia da brividi... Per questo, quan­ do posso, cerco di esserci. Come per i bambini dell’Agbe. Da quando a 18 anni persi il mio amico Matteo per una leucemia fulminante, ho deciso di stare loro vicino». Con queste premesse, il cal­ cio diventa sfocato, anche se in fondo è Marco stesso a insegnarci che la vita deve andare avanti.
È quello che si diceva dopo le stragi di Parigi: percepisce che nella Capitale qualcosa sia cambiato? «Beh sì. Ad esempio si va malvolentieri nei luoghi affollati. Io sono andato in pellegrinaggio fuori dal Bataclan, ma non so se riuscirei a vederci uno spettacolo. Però bisogna uscire, fare la vita di sempre, altrimenti la si dà vinta ai terroristi, che vogliono solo essere protagonisti e mettersi in ve­ trina. E guai a confonderli con i musulmani. Anzi, ho sempre invidiato alla Francia il sistema d’inte­ grazione, anche se i problemi non mancano.
Quel 13 novembre ero a Londra in vacanza e sono rimasto per tre giorni chiuso in hotel, però non vedevo l’ora di tornare a Parigi. Insomma, la pau­ ra c’è, ma è una cosa completamente diversa da quei 15 secondi del terremoto in Abruzzo del 2009. Quelli mi sono rimasti dentro. Avevo solo 16 anni, e se penso alle mie lacrime, a quei i gior­ ni a dormire in macchina, alla disperazio­ ne della gente, so che non me ne libererò mai. La natura è più potente di qualsiasi uomo. Ancora adesso, se in casa trema qualcosa, penso subito al terremoto».
Ormai lei però è un terremoto nel calcio francese, visto che ha vinto il titolo come miglior straniero della Ligue 1 succedendo a Ibrahimovic. «Sa la prima cosa che mi ha detto? “Io l’ho vinto per due anni e non l’ho mai saputo; è un titolo che non vale nulla”. Lui scherza sem­ pre, ma per l’infanzia difficile che ha avuto è molto più sensibile di quello che possiate imma­ ginare. Insieme sembriamo “La strana coppia”, ma ci divertiamo tanto, anche se siamo diversi».
Pensa che sia offuscato da Suarez e Higuain? «No, è al loro livello. Anzi, Zlatan è uno che sa fare reparto da solo».
È vero che col Milan ha un rapporto speciale? «Sì, ce l’ha nel cuore, quando ne parla ancora si emoziona. Se fosse tornato in rossonero, avrebbe aumentato le potenzialità del 40­50% e sarebbe­ ro in lotta per lo scudetto».
A proposito, non si è stufato dei titoli francesi? Non le manca uno scudetto? «Guardi che vincere in Francia fa sempre piacere perché nessuno ti lascia niente. Detto questo, il rammarico di non aver giocato in Serie A resta, ma in futuro non si può mai sapere. Certo che giovani in Italia non sono valorizzati. Basta che sbaglino due partite e sono fuori».
Dilettandoci al fantamercato, quale squadra italiana sarebbe più adatta alle sue caratteristiche? «Per come gioca direi la Fiorentina per il suo pos­ sesso palla. Insieme al Napoli è quella che gioca meglio. I viola sono la rivelazione».
Chi vince lo scudetto e chi sarà capocannoniere? «Vedo una lotta tra Juve e Napoli, mentre il capo­ cannoniere sarà Higuain. Forse è lui il giocatore più forte del campionato».
Chi è il miglior allenatore? «Per quello che ha fatto nel 2015, direi Allegri».
E il miglior straniero, a parte Higuain? «Voto Dybala, non era facile fare subito bene».
Breve ricognizione sui giovani emergenti. «In assoluto mi piace Rabiot: mai visto un classe 1995 bravo come lui. Difficile che il Psg lo lasci andare. In Italia sono bravi Romagnoli e Bernar­ deschi, ma do l’Oscar a Insigne, anche se non è più così giovane. Non so che cosa sia successo in Nazionale con Conte, ma con la sua fantasia pen­ so che all’Europeo potrebbe essere la rivelazione dell’Italia».
E allora giochiamo all’Europeo. Cominciamo l’avventura col Belgio: risultato e marcatori.
«Vinciamo 1­0 e segna Marchisio». Poi c’è da affrontare la Svezia.
«Sempre 1­0, gol di Pellè».
Quindi chiudiamo contro l’Irlanda. «Visto che saremmo qualificati, va bene anche lo 0­0. Scaramanticamente però mi fermo qui».
E che cosa succede al suo amico Ibrahimovic? «Il giorno del sorteggio mi ha già scritto un sms con scritto: “Ti massacro”. Io gli ho detto di stare tranquillo, che tanto arrivano terzi nel girone ma possono qualificarsi ai ripescaggi».
Chi vince l’Europeo e chi sarà il miglior giocatore e del torneo? «Come migliore vedo Iniesta, che forse sarà al­ l’ultimo Europeo in carriera e ci terrà a brillare.
In generale però occhio alla Francia, la vedo cre­ scere bene. Sai che succede se la ritroviamo di nuovo in finale e la battiamo come nel 2006...».
Sarebbe un mezzo disastro, soprattutto ora che anche l’icona di Platini si è appannata.
«Se ha sbagliato deve pagare. Peccato che il calcio sia visto male da tanti, ma succedono cose brutte in tutti i lavori. Chi sbaglia però deve pagare, perché non possa farlo ancora».
Più facile che Conte vada via se facciamo bene o male? «Se facciamo bene, perché lui è un vincente e la­ scerebbe in modo positivo».
Chi vorrebbe come c.t. in caso di addio? «Mi piacerebbe Ancelotti. Gli ho parlato, ma mi ha detto che per lui è ancora troppo presto per la Nazionale. Gli ho fatto gli in bocca al lupo per l’avventura al Bayern. Per me è come un secondo padre. Sa cosa mi disse quando mi fece esordire nel Psg? Eravamo in ascensore e sparò: “Oggi fa­ rò l’errore più grande della mia vita: ti metterò in campo”. Io ancora non lo conoscevo e non sapevo come dovevo prenderla... Un grande davvero.