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 2015  dicembre 28 Lunedì calendario

È meglio che la Gran Bretagna esca dall’Ue?

Le sarò grato se volesse chiarire a me e ai lettori quale interesse vi sia da parte dell’Unione Europea a che l’Inghilterra ne faccia parte, visto che attualmente ne è membro con un piede dentro e un piede fuori. Perché concederle tutte le deroghe ai Trattati dell’Unione Europea da essa richieste per restarvi? Le attuali trattative non sono umilianti per la Ue?
Luigi Morelli
luigi.morelli@alice.it

Caro Morelli,
Nella società continentale europea l’Inghilterra è stata sempre oggetto di grandi passioni e di non meno grandi rancori: perfida Albione per i francesi durante le guerre napoleoniche, nazione di bottegai per socialisti e marxisti, popolo dei cinque pasti per la propaganda fascista, ma anche madre dei parlamenti per l’opinione pubblica democratica e liberale, patria della rivoluzione industriale per gli storici dell’economia, accogliente terra d’asilo per molti dissidenti, non soltanto italiani.
Al di là di qualsiasi considerazione sentimentale, è ormai evidente che il Paese non intende rinunciare al suo profilo atlantico e che considera i rapporti con gli Stati Uniti addirittura più importanti della sua relazione con Bruxelles e Strasburgo. È utile all’Unione Europea conservare tra i suoi soci un Paese che non smetterà mai di proclamarsi diverso e di invocare un trattamento particolare? Perché molti Stati europei, fra i quali la Germania, sembrano preoccupati dalla possibilità che la Gran Bretagna abbandoni l’Ue e sembrano disposti fare concessioni per consentire al governo Cameron di sopravvivere al referendum del 2017, con cui i cittadini britannici saranno chiamati a decidere il futuro europeo del loro Paese? Alcuni membri della Ue sembrano convinti che l’uscita della Gran Bretagna verrebbe interpretata come un sintomo dei mali che affliggono l’Europa e una prova del declino del suo progetto unitario. Altri, non particolarmente europeisti, vogliono la Gran Bretagna nell’Ue per essere aiutati dalla sua influenza a conservare la loro sovranità nazionale. La Germania, invece, sembra credere che la perdita di un socio importante la renderebbe meno autorevole, soprattutto sui mercati asiatici. Su ogni altra considerazione dovrebbe prevalere, tuttavia, un altro fattore. Può l’Europa rimanere fedele ai criteri fondamentali della sua esistenza – libera circolazione delle persone, delle merci e del denaro – se la Gran Bretagna avrà il diritto di applicare ai cittadini dell’Ue sul proprio territorio un trattamento sociale diverso da quello che vale per i cittadini britannici? Avremo ancora il diritto di aspirare insieme a una maggiore integrazione se l’euro non sarà più, sia pure in prospettiva, la moneta di tutti, ma una semplice opzione monetaria? Possiamo concedere a un Paese che non condivide il nostro progetto tutti i diritti di uno Stato membro? Le concessioni di cui la Gran Bretagna ha goduto sinora sono state fatte nella convinzione che il suo percorso verso l’integrazione sarebbe stato più lungo di quello degli altri, ma non sostanzialmente diverso. Oggi le nuove concessioni trasformerebbero l’intera organizzazione in una grande zona di libero scambio, priva di qualsiasi aspirazione unitaria.
In queste condizioni sembra preferibile che la Gran Bretagna esca dall’Ue e concluda poi con l’Unione un accordo per conservare quella parte del mercato unico che interessa a entrambe.