Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  dicembre 27 Domenica calendario

A Roma strade chiuse per guano, metro ferme, targhe alterne e traffico paralizzato. Cronache di una città nel caos

La scena è tra il comico e lo spettrale. All’ora di pranzo della vigilia di Natale uno dei tratti centrali del lungotevere di Roma, all’altezza del Circo Massimo, è chiuso al traffico. Le automobili si accumulano in una lunga fila nella carreggiata lasciata aperta, in direzione Porta Portese. Nella parte di strada transennata, i tecnici spargono una polvere bianca sull’asfalto: è l’estremo tentativo di ripulire Roma dal guano. È una delle ultime, persistenti emergenze che si sono abbattute sulla città: la presenza molesta di 4 milioni di storni che volteggiano nel cielo capitolino e si appoggiano sui platani del lungotevere. I dissuasori acustici non riescono a mandarli via. Marciapiede e strade sono la loro latrina: una parte del centro di Roma è letteralmente sommersa dalla cacca.
A fine lavoro, le vie sono coperte di bianco, l’odore rimane nauseante. Gruppetti di uomini, protetti da una divisa di plastica che li avvolge fino ai capelli, si incamminano due a due sui marciapiede con un grosso megafono in mano, da cui escono stridori inquietanti: si suppone siano i versi di grossi uccelli che dovrebbero scoraggiare gli storni incontinenti. A pochi giorni dall’anno domini 2016, quello peraltro del Giubileo della Misericordia, il rimedio di Roma dalla tempesta di cacche d’uccello sono due uomini in scafandro che fanno finta di essere falchi.
Ci sarebbe da ridere, ma c’è un dato più serio da considerare: a quasi due mesi dall’insediamento in Campidoglio del commissario Francesco Paolo Tronca (in servizio dal primo novembre), Roma sembra abbandonata alla stessa, insanabile irrazionalità che è stata l’argomento principale di chi ha voluto mandare via Ignazio Marino. Con la differenza, tutt’altro che insignificante, che i guai della città non fanno lo stesso rumore di prima.
Le paginate di inchiostro investite nella polemica quotidiana contro il chirurgo, sulla grande stampa, non sono state replicate per rimproverare le difficoltà del suo successore, l’ex prefetto di Milano, chiamato dal governo a “normalizzare” la città nell’anno giubilare (e forse per un periodo un po’ più lungo, vista l’insistenza con cui si parla di un rinvio delle elezioni capitoline, previste per la prossima primavera insieme alle altre amministrative).
Anche se a Tronca bisogna concedere il beneficio dei soli due mesi di governo nel caos romano, i cittadini non si sono ancora accorti della discontinuità. In pubblico, il commissario si è fatto notare quasi esclusivamente per il baciamano con cui ha omaggiato papa Francesco, proprio nel giorno del suo esordio. Per il resto ha tenuto un profilo basso. Per lui finora parlano i fatti, e non sono clementi.
Ci sono i ritardi nei cantieri del Giubileo: dei 31 interventi finanziati a fine agosto, ne sono stati avviati 19, poco più della metà. Ancora nessuno è stato concluso (finiranno, secondo il prefetto, entro il 31 gennaio), anche se si tratta di lavori tutt’altro che monumentali: per lo più pavimentazioni di marciapiedi e sistemazione delle strade. Renzi aveva parlato di un dream team per l’anno santo. Non se n’è saputo più nulla. Come nulla si sa dei 200 milioni in più che il governo aveva sbloccato via decreto proprio per l’anno santo: il testo aspetta ancora di essere discusso in Parlamento. Tronca intanto assiste inerme. Finirà di tagliare nastri a Giubileo inoltrato, se non concluso.
Dopo il pasticcio di piazza Navona (Tronca ha dovuto annullare il bando che restituiva le chiavi della festa ai “bancaroli” della famiglia Tredicine), c’è stato il balletto delle targhe alterne e dei servizi pubblici a singhiozzo. Lo scorso 4 dicembre, per combattere i livelli di inquinamento troppo alti, il commissario aveva decretato il blocco della circolazione per metà delle auto e degli scooter della città. Lo stesso giorno però era annunciato lo sciopero di un piccolo sindacato dell’Atac (la municipalizzata dei trasporti). Risultato: metro ferme, tutti in auto (nonostante il divieto) e traffico paralizzato.
Gli alti livelli di inquinamento hanno costretto il commissario ad annunciare di nuovo le targhe alterne nei prossimi giorni, il 28 e 29 dicembre. Paradossalmente, però, proprio mentre si studia come chiedere ai romani di rinunciare ai trasporti privati, quelli pubblici si bloccano ancora. Il 25 dicembre la metropolitana ha prestato servizio fino alle 13, poi chi voleva spostarsi per Roma ha dovuto provvedere da sé. Ora torna il blocco del traffico. Alla vigilia di Natale Tronca ha annunciato quello totale: il 28 e 29 dicembre tutti a piedi.
Poi nella notte è scesa qualche goccia di pioggia, lo smog è calato e il commissario si è ricreduto: solo targhe alterne, con la richiesta all’Atac di potenziare le corse di autobus e metro (malgrado la cronica penuria di mezzi funzionanti). E magari con una preghiera agli storni: guano a piume alterne almeno per 48 ore.