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 2015  novembre 28 Sabato calendario

È stato nominato il nuovo cda delle Ferrovie. Mazzoncini al vertice

È stato rapidissimo il cambio al vertice delle Fs. Dopo le dimissioni date giovedì dal vecchio cda, ieri l’assemblea della società ha nominato il nuovo consiglio di amministrazione in cui entra l’amministratore delegato designato dal Tesoro, Renato Mazzoncini. La formalizzazione e l’assegnazione delle deleghe avverranno martedì, quando si svolgerà la prima riunione del nuovo board. Presidente della società sarà Gioia Ghezzi, già presente nel consiglio di amministrazione, come anticipato ieri dal Sole 24 Ore. Il numero dei consiglieri si riduce da nove a sette: Mazzoncini è l’unico ingresso, mentre della vecchia compagine esce (oltre a Michele Elia e Marcello Messori) soltanto Vittorio Belingardi Clusoni. Restano in carica Daniela Carosio, Giuliano Frosini, Simonetta Giordani, Federico Lovadina e Wanda Ternau.
La nota del Tesoro precisa che il consiglio di amministrazione appena nominato «resterà in carica per il triennio 2015-2017». Non si tratta, quindi della sostituzione di consiglieri, ma un vero e proprio rinnovo: il nuovo consiglio ha davanti tre anni di attività.
Si conclude così la settimana decisiva per il futuro delle Fs che si era aperta lunedì scorso, di buon mattino, con l’approvazione in Consiglio dei ministri del Dpcm per avviare formalmente la privatizzazione. Al nuovo management spetterà il compito di portare le Ferrovie all’appuntamento della quotazione in Borsa. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, aveva assicurato tempi brevi ma il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, nell’intervista pubblicata ieri sul Sole 24 Ore, è stato più prudente. «Ci prenderemo tutto il tempo necessario», ha detto. E il riferimento è al fatto che sul tavolo del governo ci sono ancora diverse opzioni possibili, nonostante le posizioni si siano ravvicinate – prima della decisione di lunedì scorso -con il paletto piantato da Delrio: «la rete resterà pubblica». Una posizione su cui sembra essere d’accordo anche il nuovo amministratore delegato, che è uomo di trasporto e, in particolare, di trasporto su gomma. Viene infatti da Busitalia, dove, in qualità di amministratore delegato, ha guidato anche la “privatizzazione” del trasporto locale a Firenze, voluta dall’ex sindaco Matteo Renzi. E alla gomma Mazzoncini stava anche prima nella società privata Autoguidovie venete, gruppo privato della famiglia Ranza.
Resta da decidere, nel governo, la sorte del gestore della rete Rfi: al Tesoro hanno sempre avuto la posizione che fu di Elia, di lasciare Rfi sotto la holding Fs per mantenere il gruppo fortemente integrato. Delrio invece dice che «se si quoterà Trenitalia o Trenitalia più una quota di Rfi scorporata, questo sarà il lavoro delle prossime settimane». Il Dpcm prevede l’alienazione di una quota della partecipazione nella società non superiore al 40%. La cessione, che potrà essere effettuata anche in più fasi, dovrà realizzarsi attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato, e a investitori istituzionali italiani e internazionali, e quotazione sul mercato azionario. Lo schema di decreto, inoltre, prevede che, per favorirne la partecipazione all’offerta, potranno essere previste per i dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato forme di incentivazione.

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La prima partita del neoamministratore delegato Mazzoncini è quella delle deleghe che riceverà dal consiglio di amministrazione martedì prossimo. Non dovrebbero esserci sorprese. Anzi, non potranno esserci sorprese dopo il clamoroso errore fatto dal governo e dal Tesoro con la governance “duale” affidata un anno e mezzo fa a Michele Elia e Marcello Messori: al primo fu affidata la gestione, al secondo le strategie e il progetto privatizzazione. Le critiche furono immediate, i risultati si sono visti un anno e mezzo dopo: se la gestione ha continuato ad andare avanti con risultati brillanti, sulle decisioni strategiche il vecchio cda ha vissuto praticamente sempre nella paralisi, anche dopo che Messori ha ridato indietro le sue deleghe. E anche sulla privatizzazione le idee divergevano totalmente, come è noto.
Mazzoncini viene chiamato dal governo proprio per ridare coesione all’azione delle Fs sulle strategie di medio-lungo periodo. C’è da scommettere, quindi, che farà il pieno dei poteri e che alla neopresidente resteranno le deleghe classiche della comunicazione e dell’auditing, quelle che nelle partecipazioni statali di un tempo venivano chiamate «di campanello». Sarebbe patologico se così non fosse: errare humanum est, perseverare autem diabolicum.
Semmai, il problema del nuovo amministratore delegato sarà quello di destreggiarsi fra le posizioni tutt’altro che «coese» che ci sono nel governo sul futuro delle Fs e del settore ferroviario. Il profilo del nuovo ad – arriva da una società privata di trasporto, Autoguidovie Venete (di cui per altro era ancora ad ieri), diventata alleata delle Fs solo nel 2012 – fa pensare a una scelta tutta puntata sul trasporto e sulla competizione. Il ministro Delrio ha accolto la sua nomina con soddisfazione anche perché lo considera vicino alle sue posizioni su un progetto di privatizzazione basato su rete pubblica e holding di trasporto. È prematuro, tuttavia, parlarne e bisogna lasciare il tempo a Mazzoncini di studiare e scoprire le sue carte anche nella partita governativa.
Quello che è certo, invece, è che sul lato della gestione la prima urgenza è rimettere mano al trasporto regionale per i pendolari: dopo la chiusura dei contratti ponte nelle quattro regioni che restano (Liguria, Marche, Sardegna e Basilicata) ci si dovrà preparare a una stagione di gare “vere” verso cui si sta andando, come ha confermato Delrio nell’intervista al Sole 24 Ore pubblicata ieri. E non è detto che lo scenario concorrenziali si rafforzi, con la possibilità che a vincere non sia sempre Trenitalia, come successo in Emilia-Romagna.