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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

Discussione sugli altari lungo le strade

Croci smilze e fiori finti. Pupazzi di peluche e biglietti di cordoglio. Fotografie e sciarpe della squadra del cuore. Lumini fiochi e candele. Ogni tanto, una mano sconosciuta porta fiori freschi, cambia la lampadina bruciata, lascia un nuovo biglietto per sostituire quello scolorito.
Di questi estemporanei altarini funebri dedicati alle vittime degli incidenti stradali ne vediamo a decine tutti i giorni, in città come sulle statali. Tecnicamente – se di tecnica si può parlare a proposito di lutti, decessi e cordoglio – si chiamano cenotafi: altari commemorativi, curati da amici e familiari delle vittime per settimane e mesi e anni, in memoria di qualcuno scomparso proprio in quel punto.
Lasciando ai filosofi il discorso sulla funzione simbolica legata a tali forme di religiosità popolare, o l’indagine intorno alla propagazione di tracce di paganesimo nel nostro cattolicissimo Paese, il tema è fonte d’imbarazzo, perché l’umana comprensione spesso si scontra con normative rigide per loro natura.
Il Codice della strada, infatti, non accenna in alcun modo ai cenotafi. Esistono un articolo 34 bis, che si occupa di decoro in merito ai rifiuti, e un articolo 20, che regolamenta l’occupazione abusiva della sede stradale in riferimento a chioschi, edicole e mercati. Così, un fenomeno in crescita in tutt’Italia vive in un fiume carsico di disagio che interseca sottotraccia i percorsi delle nostre emozioni con quelli delle esigenze burocratiche. Su internet si trovano tracce di polemiche tra chi considera gli altarini abusivi e pericolosi, chiedendone la rimozione finché non vi siano leggi che regolamentino un fenomeno percepito come pericoloso e privo di decoro, e chi li difende, secondo il principio che lutto e memoria non sono oggetti, quindi non attengono alle ragioni di codici e regolamenti.
UN TEMPO PER IL DOLORE
Chi – come le associazioni dei familiari delle vittime – vede negli altari commemorativi sostegni morali e moniti pedagogici irrinunciabili, accusa di codardia quanti dimostrano con le proteste una scarsa sensibilità umana. Decoro e sicurezza non avrebbero nulla a che fare con le richieste dei detrattori, visti piuttosto come sterilizzatori spietati dei sentimenti altrui. Mossi da istinti immaturi o dal bisogno egoistico di esorcizzare la morte, per i quali i cenotafi sono simboli inutili perché già esistono luoghi preposti alla commemorazione dei defunti: i cimiteri. Una visione che porta ad attribuire un tempo preciso al tempo che lenisce il dolore; e per la quale anche il dolore andrebbe legiferato, per ragioni superiori di bene comune, sia esso decoro o sicurezza, codardia o scaramanzia.
Per altri, invece, la questione temporale non è così scontata: è possibile attribuire una misura definita dalla legge a una manifestazione del lutto? L’Associazione italiana familiari e vittime della strada vi vede uno scopo preciso: evidenziare il punto in cui è avvenuto un incidente grave non serve a commemorare, ma come monito agli altri utenti. L’Associazione è quindi assolutamente favorevole alla presenza dei cenotafi sul ciglio delle carreggiate, a patto che il loro posizionamento non costituisca a sua volta un pericolo per la circolazione. E questo anche se il Codice non prevede norme specifiche, fatta eccezione per le rotonde, nelle quali i cippi devono essere collocati a una certa distanza dal bordo della strada e risultare abbattibili in caso di urto. È l’ente proprietario dell’arteria che dovrebbe dare il permesso per il collocamento del cenotafio, verificare la correttezza della struttura e della sua posizione, emanare un regolamento che ne disciplini dimensioni, distanza dalla carreggiata, materiale di costruzione e visibilità, magari prendendo spunto dalle norme previste per i cartelloni pubblicitari, che non devono (o non dovrebbero) arrecare disturbo visivo agli utenti della strada, né distrarli, né creare pericolo alcuno alla circolazione stradale.
PER NON DIMENTICARE
C’è, insomma, chi pretende una risposta da parte delle istituzioni e invoca una legge che regolamenti manifestazioni d’inciviltà senza costrutto, buone solo a richiamare l’attenzione dei conducenti sull’evento più drammatico della vita con il rischio d’ingrossare le fila degli altari a causa di ulteriori distrazioni. E c’è chi, invece, vede i cenotafi come inni spontanei alla memoria di chi ha perso la vita sulla strada: portatori di significato per i conoscenti delle vittime, ma anche pragmatici avvertimenti per tutti coloro che possono e devono contribuire a rendere la strada un luogo meno rischioso, battendosi per leggi che puniscano davvero i colpevoli e alimentando la consapevolezza delle responsabilità individuali.