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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

Le pagelle dei Grandi ai tempi dell’Isis. Hollande il migliore, Erdogan il peggiore

Fare le pagelle è sempre difficile, opinabile e spiacevole. Nel caso della risposta agli attentati di Parigi (e, non dimentichiamo, di Ankara, Sharm El Sheikh, Beirut e Bamako) rischia di banalizzare scelte e comportamenti estremamente complessi di leader investiti di pesanti responsabilità. Non mi sarebbe mai venuto in mente di arrogarmene il titolo, se La Stampa non me lo avesse chiesto, per offrire al lettore uno spaccato di semplicità nel bombardamento di complessità che continuerà ancora a lungo. È in questo spirito che ho accettato di farlo, ben cosciente dei miei limiti di soggettività e d’informazione.
Questa non è (purtroppo) la pagella di una partita. In campo ci sono più di due squadre, ci sono solisti e invasioni di campo del pubblico, il terreno non è piatto, si gioca sia nello stadio che nei campi di periferia. Non è un gioco e siamo sì e no ai primi 15’. Alla fine della partita le pagelle potrebbero risultare molto diverse. Nell’ottobre del 2001 George Bush avrebbe avuto un voto ben più alto che non dopo l’intervento in Iraq o a fine Presidenza.
Bisognava anche delimitare l’oggetto. Il voto riguarda esclusivamente la risposta alla minaccia dello Stato Islamico, dopo che la serie di attentati l’ha brutalmente fatto emergere come la principale minaccia alla sicurezza e alla normalità del nostro modo di vivere; in subordine, tiene conto della capacità di estendere solidarietà ed esprimere empatia.
FRANÇOIS HOLLANDE – VOTO: 9  
Il Presidente francese è stato subito all’altezza della crisi. Si è rivolto alla Nazione, non ha avuto esitazioni nell’individuare il nemico, l’ha immediatamente colpito, ha rapidamente messo la Francia al centro di una forte risposta internazionale, diplomatica e militare. Ha mobilitato le energie del Paese senza nasconderne i limiti di capacità. Ha disegnato la grande alleanza di cui ha bisogno. I francesi si sono sentiti in buone mani. Il mondo ha visto un leader all’opera. Finora Hollande non ha perso un colpo.  
BARACK OBAMA – VOTO: 5  
Slancio iniziale di solidarietà, abile apertura a Putin al G20 di Antalya, ma scarsa voglia di prendere la guida della risposta internazionale a Isis. Sul terreno gli americani non si tirano indietro; sarà loro, come sempre, lo sforzo maggiore. Non basta: il mondo è abituato ad attendersi leadership dall’America. Forse non era il momento di ripetere che tocca agli europei fare di più: vero, ma con di mezzo Isis, Russia e Turchia non è neppure quello di «guidare da dietro». Riaffiorano timori di distacco transatlantico. Si conferma Presidente di lunghe visioni, ma preso in contropiede dalle crisi.
DAVID CAMERON – VOTO: 6  
Il Primo ministro britannico ha gli istinti giusti e li ha confermati nella visita lampo a Parigi. È chiara la volontà di essere al fianco della Francia. Sconta però un’intrinseca insicurezza all’interno. Il suo intervento ai Comuni ha toccato la logica dell’intervento contro Isis ma non le corde che fanno vibrare il consenso di una Nazione. Manca della passione di Blair e della glaciale determinazione di Thatcher. Ottiene il risultato voluto ma non guadagna in carisma.
ANGELA MERKEL – VOTO: 7  
Ancora una sorpresa dalla Cancelliera. Non solo ha rafforzato la mano di Hollande per l’incontro con Putin, con l’offerta di truppe per il Mali ha fatto un salto d’impegno militare. Andare in Mali non è una passeggiata. Non c’è una cornice Onu, Ue o Nato: una novità per i tedeschi. Pur al di fuori del suo normale campo d’azione, Merkel ha avuto il coraggio di alzare il suo gioco. L’ha fatto malgrado sia sotto il fuoco di critiche sui rifugiati. Questa è leadership. Angela ha preso il suo tempo, ma è sempre stata una fuoriclasse nella progressione, non nello scatto.  
MATTEO RENZI – VOTO: 5  
Il presidente del Consiglio ha detto tutte le cose giuste. Fa bene a ricordare che la sfida di Isis è una prova di tenuta culturale e non solo militare o di sicurezza. Ma, ieri mattina, l’Eliseo avrebbe preferito qualche fatto in più e qualche parola in meno. La Germania sorpassa così l’Italia in materia di stabilità e sicurezza internazionale. Non era mai successo. La prudenza è probabilmente quello che gli italiani vogliono da Renzi. A Roma o Firenze prenderebbe la sufficienza abbondante, ma fa piccolo cabotaggio internazionale.  
VLADIMIR PUTIN – VOTO: 6  
In questa crisi la lucidità e determinazione del Presidente russo non sono state oscurate dalla retorica slavo-nazionale che aveva sparso a piene mani sulla crisi ucraina. Putin sa quello che vuole nella crisi siriana – è forse uno dei pochi ad avere le idee chiare. Ha aggiustato rapidamente il tiro contro lo Stato Islamico, un po’ per solidarietà con Parigi, un po’ dopo aver finalmente ammesso che Metrojet russa ne era vittima. Deve stare attento a non voler stravincere: otterrebbe l’opposto. La violazione dello spazio aereo turco era un’inutile bravata, ma si può far perdonare in nome della guerra contro Isis. I turchi chiederanno di più. Qui Putin rischia perché una guerra economica con Ankara sarebbe disastrosa. Abbassare la retorica non sarebbe una brutta idea.  
RECEP TAYYP ERDOGAN – VOTO: 5  
Il Presidente turco è un ottimo tattico ma uno stratega disastroso. Vuole togliere di mezzo Assad a Damasco; teme il crearsi di un Kurdistan sotto la pancia anatolica; chiudeva un occhio sui traffici di Isis che l’ha ricambiato con un sanguinoso attentato ad Ankara; ha problemi con l’Ue per i rifugiati. La Turchia ha molto da perdere e poco da guadagnare dalla crisi siriana, sia che si risolva sia che continui. Adesso aggiunge uno scontro frontale con Russia. Aver ragione sull’invasione di campo del Su-28 per un mero chilometro e mezzo d’incursione è ben magra soddisfazione. Qualche scusa non sarebbe fuori luogo; peccato che non siano in carattere col personaggio. Erdogan deve ancora mostrare che anche per lui il nemico principale è Isis. Altrimenti rimane l’uomo forte – e solo.  
MOGHERINI, TUSK, JUNCKER – VOTO: 5  
L’Ue sperimenta per la prima volta l’Art. 47.2 del Trattato di Lisbona. Per il resto abbondano i «siamo tutti francesi» e si costruiscono i bastioni della Fortezza Bastiani. Meglio che niente ma non è questa l’Europa che chiedono i cittadini. I populisti stanno scaldando i muscoli per la partita che si giocherà presto sul futuro dell’Unione.
LA NATO – VOTO: 5  
Mentre alcuni dei suoi principali azionisti (Usa, Francia, Regno Unito) preparano la guerra, la più grande alleanza del mondo pensa ad altro. Si accorge della Siria solo quando un Paese membro (Turchia) abbatte l’aereo di un Paese partner (Russia) col quale l’Alleanza non parla più perché è in corso una causa di occupazione abusiva. Personaggio in cerca d’autore?
PARIGI E I PARIGINI – VOTO: 10  
Hanno incassato una ferita al cuore. Non si sono fatti prendere dal panico. Non hanno dato la caccia al musulmano. Non si sono fatti trascinare in un’ebbrezza nazionale. Non hanno cancellato la conferenza sui cambiamenti climatici. Esitano, ma tornano a giocare a calcio, a ballare, ad andare al bar e ai concerti. I kalashnikov non hanno ucciso la joie de vivre. Chapeau!!
REAZIONI ISLAMICHE – VOTO: 4  
Molte, in tutto il mondo, sono state le voci di solidarietà e di sconfessione di Isis. Ma non si è sentito quel rigetto corale che, solo, farebbe pensare «siamo tutti dalla stessa parte». Molti silenzi, molte spiegazioni accademiche, troppa storia. I jihadisti che sparavano al Bataclan e il terrorista che ha confezionato la bomba piazzata sul Metrojet russo non pensavano alle Crociate. Le colonie sono finite da tre generazioni. L’Islam guarda mai al futuro?  
BELGIO – VOTO: 3  
Dieci giorni di blindatura della capitale d’Europa sono un’emergenza in attesa di spiegazione. Cosa la rende più sicura a partire dal 1° dicembre, salvo arresti e senza ritrovamenti d’armi o d’esplosivi?  
IRAN E ARABIA – VOTO: S.V.  
Ancora in panchina