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 2015  novembre 27 Venerdì calendario

Il flop dei servizi segreti: il commando di Parigi era in una lista di sospetti. Ma il Belgio la ignorò

C’è un prima, nella storia del Venerdì 13, che la confusa e rumorosa caccia lanciata dal governo belga ai due fuggitivi Salah Abdeslam e Mohamed Abrini e ai fiancheggiatori del gruppo di fuoco, non riesce a far dimenticare. E che dimostra una volta di più la sufficienza con cui è stata affrontata dalle autorità di Bruxelles la “questione Molenbeek”, il quartiere a 20 minuti a piedi dal Parlamento europeo, dove tutto è partito. E dove – si scopre ora – l’uomo chiave dei commando di Parigi, Abdelhamid Abaaoud, già ricercato per terrorismo e dato in Siria con l’Is, almeno tre settimane prima degli attentati era libero di muoversi, di incontrare Salah e Abrini (segnalati dall’intelligence belga) davanti ai supermercati, di “arruolare” alla luce del sole aspiranti kamikaze e complici.
IL WARNING INGNORATO DI GIUGNO
Non è un caso, infatti, che a giugno l’Ocam, il centro governativo di analisi antiterrorismo che ha appena abbassato da 4 (“rischio grave e imminente”) a 3 (“minaccia possibile e verosimile”) il livello di allerta nel Paese, avesse inviato al borgomastro di Molenbeek, Francoise Schepmans, una lista con 85 nomi di sospettati di radicalizzazione. E che in quella lista figurassero proprio i nomi dei fratelli Abdeslam, Salah e Ibrahim, di Abrini e di Abaaoud. Una circostanza che dimostra il vero punto debole di questa vicenda: le anomalie nel flusso di informazioni tra apparati. Cosa avrebbe dovuto fare il sindaco con tali segnalazioni? Il primo cittadino di Molenbeek coordina la polizia locale, è vero, ma la lotta al terrorismo non può essere lasciata nelle mani dei vigili urbani. E infatti non sono riusciti a vedere quello che a Molenbeek, i giorni prima della strage, vedevano tutti. A ottobre Abaaoud era di nuovo in città e stava progettando qualcosa di enorme.
ABAAOUD SI FINSE MORTO
Per tornare dalla Siria, dove aveva portato anche il fratello tredicenne Younes spacciandolo sulla rivista del Califfato Dabiq come “il più giovane jihadista della storia”, usa uno stratagemma atroce. Convince il fratello a chiamare la madre e ad annunciarle la sua morte, in modo che la notizia si sparga nel quartiere. «Mamma, Abdelhamid è in Paradiso». La famiglia sconvolta, a quel punto, lascia il Belgio e ritorna in Marocco. Con un passaporto falso Abaaoud sbarca sull’isola di Leros (il 3 ottobre), poi torna nel suo quartiere e lì diventa un fantasma con la libertà di girare per le strade e di avvicinare i suoi “target”.
«Lo vedevamo davanti ai supermercati e al bar di Ibrahim Abdeslam (il kamikaze di Boulevard Voltaire, ndr)», raccontano a Repubblica alcuni membri della comunità araba locale, che negli ultimi giorni hanno rotto la tradizionale omertà e hanno cominciato a fornire agli investigatori dettagli cruciali. «Aspettava da solo anche delle ore, poi si incontrava con loro e rimanevano a parlare». Una modalità che lascerebbe pensare a un “salto di qualità” nella strategia di reclutamento, che non avviene più soltanto attraverso Internet o nelle moschee, ma per “cooptazione”: «L’organizzazione sceglie un soggetto idoneo – spiega una fonte investigativa – pescandola tra i piccoli criminali di strada o gli emarginati e poi lavora solo su quello, con metodi che ricordano quelli delle sette».
FARINA SCAMBIATA PER ANTRACE
Ma in queste ore le soffiate, complice anche le evidenti difficoltà della Sureté de l’Etat, non stanno producendo i risultati sperati. Blitz, sopralluoghi, perquisizioni si stanno risolvendo in clamorosi nulla di fatto o inquietanti falsi allarmi. Ieri la Grande Moschea di Bruxelles è stata evacuata per mezza giornata e undici persone sono state sottoposte alla decontaminazione d’urgenza per un paio di buste contenenti polvere bianca. Sembrava antrace. Era farina. Un’operazione di polizia a Auvelais e due perquisizioni a Verviers, vicino Liegi (dove a inizio anno è stata smantellata la cellula di cui Abaaoud era capo), non hanno portato ad alcun arresto.
Diverso, ma neanche tanto, quello che è successo in Germania: due islamisti, di 28 e 46 anni, sono stati arrestati in un blitz delle forze speciali in due quartieri di Berlino, Charlottenburg e Britz. Nella moschea dove hanno fatto irruzione, però, non è stato trovato né esplosivo, né armi.
SALAH TRE GIORNI IN PUGLIA
Sembrano andare più al sodo, invece, le indagini italiane. La polizia di frontiera ha ricostruito i movimenti di Salah nei dieci giorni di agosto in cui è stato nel nostro Paese, dal passaggio in nave da Bari a Patrasso sino al rientro in Belgio: gli estratti del con- to corrente e della carta di credito documentano che dal 6 al 10 agosto Salah e l’amico Ahmad Dhalani (arrestato in Turchia) sono rimasti almeno tre giorni in Puglia. E poi un passaggio in Veneto, di cui un rifornimento carburante ha lasciato traccia.
Ora c’è da capire chi hanno incontrato e perché lo hanno fatto. Un filo che si sta tirando in queste ore e che, dalla Puglia, potrebbe portare dritto a Molenbeek.