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 2015  novembre 26 Giovedì calendario

Andiamo a vedere come lavorano gli investigatori dell’Interpol

Red notice. Alert avviato, sistema criptato attivo. Si apre il messaggio: data di nascita, possibile spostamento, ipotetico documento falso, movimenti e frequentazioni sospette, e naturalmente l’identikit. Nell’Europa della paura avanza «il Sospettato». Barbe, cicatrici, passaporti corrono da un computer all’altro, in un viaggio del terrore. Il viaggio di chi potrebbe mettere una bomba in metropolitana o compiere un massacro sul sagrato di San Pietro. Ogni giorno il Servizio di cooperazione internazionale del dipartimento della pubblica sicurezza (Scip) scambia con il resto del mondo una media di 800 informative, classificate a seconda che si tratti di organizzazioni terroristiche, criminali, latitanti, traffico d’armi, sbarchi di migranti, passaporti falsi o riconoscimenti di cadaveri. Una cooperazione fondamentale per individuare i pendolari della Jihad che si muovono tra i ghetti dell’Occidente e la guerra in Siria o in Iraq.
È in questo ufficio a Roma, una palazzina all’interno della Direzione centrale della polizia criminale, il cui direttore è anche vice capo della polizia, che alle 4.33 del 14 novembre poche ore dopo gli attentati di Parigi è arrivata la segnalazione della gendarmeria francese alla ricerca di una Seat nera con targa estera GUT18053. «La targa è stata comunicata all’Italia perché siamo un Paese confinante, come da prassi, ed è stata diffusa a tutti gli operatori delle nostre forze dell’ordine» raccontano gli operatori dello Scip. Mera prassi eppure, nonostante alle 2 del pomeriggio i francesi abbiano sequestrato la Seat del venerdì 13 targata 1GUT180, accorgendosi di aver fatto un errore nell’inserimento dei dati, alcuni media nella psicosi generale continuavano a riproporre il giorno successivo una notizia relativa a un’allerta già cessata.
È sempre qui che si è scoperto che Salah Abdeslam, il super ricercato della carneficina di Parigi, quest’estate ha preso un traghetto da Bari a Patrasso, in Grecia. «Non era stato segnalato» spiegano allo Scip «e quindi solo quando dalla Francia hanno diramato l’identikit abbiamo potuto incrociare i dati con i nominativi comunicati dalla compagnia marittima». Ora la sua foto, con capelli e barba tagliati, i numeri telefonici a lui collegati e le informative di intelligence    ribalzano sui monitor di questi poliziotti collegati 24 ore su 24 con tutto il mondo. Un agente apre dal terminale un messaggio della banca dati Sis, il sistema informativo di Schegen. All’interno di questo database saranno inseriti tutti gli esiti delle investigazioni effettuate e i dati relativi ai foreign fighters, perché dopo gli attentati di Parigi l’accordo di libera circolazione di fatto è sospeso e la Commissione europea entro fine anno presenterà una proposta di riforma del codice delle frontiere. Una delle prime misure sarà la creazione di un Passenger name record (Pnr) europeo. Tradotto nella pratica:    i voli di tutti i cittadini comunitari saranno schedati e le informazioni rimarranno in archivio per un anno. Dati sensibili, come stato di salute, religione, luoghi frequentati e metodi di pagamento compresi.
Nel frattempo, a meno di due settimane dal Giubileo, la Sala operativa internazionale si sta trasformando in una task force dedicata. «La promozione della sicurezza non è più pensabile se non in un contesto di forte internazionalizzazione» spiega Gennaro Capoluongo, dirigente della polizia alla guida di questo ufficio interforze che conta 350 persone, molte delle quali all’estero. «Ci stiamo organizzando sul modello di quanto abbiamo fatto per l’Expo, quando forze dell’ordine italiane e straniere hanno dialogato in diretta con tutti gli apparati di sicurezza dei 145 Paesi partecipanti all’esposizione» afferma il direttore. «Grazie a questo dialogo sono state bloccate una quarantina di persone segnalate come a rischio dai Paesi esteri, così come abbiamo arrestato alcuni anarchici greci. L’Expo è stata il banco di prova di una nuova filosofia della sicurezza transnazionale legata alla capacità di condividere la maggior quantità di dati nel minor tempo possibile».
In vista del Giubileo, l’evento che rappresenta il momento di massima allerta, «la Sala operativa sarà in stretto collegamento con l’Ispettorato di pubblica sicurezza presso il Vaticano, la questura di Roma e ospiterà funzionari di altri Stati e ufficiali di collegamento che lavoreranno fianco a fianco ai poliziotti italiani, consentendo uno scambio ancora più rapido delle informazioni». Obiettivo: monitorare tutte le organizzazioni in grado di colpire attraverso un’attività di intelligence preventiva. Pronta anche la sala crisi dove un pool di esperti è in grado di registrare video e diramare identikit, «ma non tralasceremo la strada, sarà infatti attivato un pattugliamento congiunto con agenti esteri, soprattutto quelli dei Paesi da cui arriveranno molti turisti».
«Un’attenzione particolare è dedicata all’area balcanica e al traffico di armi». Un’area, culla dagli anni Novanta del radicalismo jihadista, dove «siamo presenti con un numero importante di esperti per la sicurezza» evidenzia Capoluongo «introdotti, capaci di comprendere certi fenomeni, collegati attraverso smartphone e tablet ai colleghi e alle banche dati internazionali in modalità criptata. Non si tratta solo di ricevere o inviare notizie, ma di costruire un’informazione qualificata. Una volta ricevuta una notizia da un altro Paese occorre analizzarla». Informazioni gestite attraverso tre canali: l’Interpol che comprende 190 Paesi: Europol, l’agenzia anticrimine dell’Unione europea e infine la rete Si.re.ne che coinvolge solo i Paesi dell’accordo di Schengen. «Su questi tre canali sono attivi tutti i nostri esperti dislocati da vari Paesi e dalle nostre cinque sedi regionali: Bucarest, Parigi, Washington, Brasilia e Teheran».
A loro è consentito l’accesso alle 17 banche dati, classificate per colore a seconda della tipologia delle informazioni e «a breve sarà attivato anche il database Silver, frutto di un progetto tutto italiano sulla scorta della nostra esperienza nell’aggressione ai patrimoni e nella lotta alla corruzione». Attraverso le banche dati prosegue Capoluongo «anche gli operatori su strada ora riescono a effettuare controlli in tempo reale, riconoscendo magari che un nominativo non è stato segnalato in Italia, ma è ricercato perché in un altro Paese ha commesso un crimine».
Solo attraverso questa attività transnazionale è stato possibile catturare latitanti come Pasquale Scotti, l’uomo dei misteri custode di segreti come quello della liberazione del potente assessore democristiano Ciro Cirillo, rapito dalle Br negli anni Ottanta e liberato dopo una serrata trattativa. «L’ex braccio destro di Raffaele Cutolo è emerso dalle tenebre dopo 31 anni di latitanza» racconta Capoluongo. «Si faceva chiamare Francisco De Castro Visconti e siamo riusciti a catturarlo lo scorso maggio a Recife insieme allo Sco guidato da Renato Cortese, grazie al nostro esperto per la sicurezza in Brasile. Un agente perfettamente integrato nel territorio che parla il portoghese e l’ha riconosciuto da un segno particolare: una ruga sulla fronte».
Come lui è stato catturato Marlon Sebastiàn Molina Vega, il narcotrafficante accusato di spostare tonnellate di droga con una sola telefonata. L’uomo dai mille volti che per sfuggire si è sottoposto alla plastica facciale. «Era scappato, calandosi con le lenzuola dall’ospedale di Tivoli, dove era ricoverato per una diagnosi di pazzia. In collaborazione con la polizia colombiana l’abbiamo scovato a Ibagué, vicino a Bogotà». Una collaborazione che porta ad arrestare anche i latitanti passivi, le ombre che vengono dall’estero e decidono di nascondersi nel Belpaese. È il caso di Ramirez Melendez Fernsterbein Fernando, luogotenente del capo dei Rastrojos, gang di Medellin. Lui, uno dei 12 latitanti più pericolosi della Colombia, si era mimetizzato a Udine sotto l’identità di DJ Fexter, prestandosi anche a metter musica ai matrimoni.
«Da gennaio a novembre abbiamo arrestato 449 latitanti attivi in Europa e 88 nel resto del mondo, 543 passivi e altri 164 nella rete Interpol» ricorda il direttore. «E poi nello stesso periodo ci sono oltre 7 milioni di veicoli rubati, più di 50 milioni di documenti rubati e smarriti e 47 mila opere d’arte. Siamo ai primi posti nella gestione di informazioni. La Germania è il Paese con cui abbiamo il maggior scambio». Quasi 9 mila notice solo nel primo semestre 2015. «Conta la vicinanza geografica e l’emigrazione di migliaia di connazionali che lavorano onestamente accanto a tanta criminalità organizzata, come la strage di Duisburg insegna». Seguono la Romania con circa 7 mila, Paese in cui è in vigore la Convenzione di Strasburgo «per cui i cittadini romeni che compiono i reati in Italia scontano la pena nel loro Paese», e la Francia con oltre 5.500 scambi informativi.
«Del resto gli affari della criminalità sono globali, dal terrorismo al traffico di droga e armi, dalla tratta degli esseri umani alle partite di calcio truccate» nota Capoluongo «per questo è sempre più necessario che la nostra polizia si confronti costantemente con quelle estere attraverso banche dati condivise e un dialogo diretto. Prevenire i reati dà sicurezza al nostro Paese e per farlo ci si deve muovere come una squadra».