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 2015  novembre 23 Lunedì calendario

«Sono entrati e li hanno uccisi tutti, salvo uno, che si era nascosto sotto la mia giacca». Gli Eagles of Death Metal raccontano la loro notte al Bataclan

Abbandonata in camerino nella fuga precipitosa dal teatro, la giacca di pelle di Jesse Hughes, cantante degli Eagles of Death Metal, ha nascosto e salvato uno dei ragazzi sopravvissuti alla strage di venerdì 13 novembre alla sala concerti Bataclan di Parigi: per il proprietario di quel giubbotto, la notizia è forse l’unica consolazione possibile, dopo la strage perpetrata dai jihadisti tra il suo pubblico e il suo stesso staff. Un po’ come se fosse stato lui, con il suo giaccone, a proteggere dalla carneficina, il giovane miracolato. 
Dagli Stati Uniti, dove sono rientrati annullando l’intera tournée europea, Hughes e l’altro cantante-chitarrista, Josh Homme, scampati loro stessi al diluvio di piombo dei kalashnikov, raccontano la loro tragica notte di Parigi per la prima volta, davanti alla telecamera di Shane Smith, fondatore dell’agenzia internazionale «Vice News», che ha anticipato 55 secondi dell’intervista, annunciandone la diffusione integrale per i prossimi giorni. 
Ancora scossi, emozionati, i due cantanti della band californiana, che aveva riunito oltre un migliaio dei suoi fan francesi nello storico locale di boulevard Voltaire, hanno saputo che alcuni spettatori avevano cercato di rifugiarsi dentro il loro camerino, nel backstage. Ma l’idea non ha funzionato, i terroristi li hanno visti e inseguiti: «Sono entrati e li hanno uccisi tutti – ha raccontato Hughes, avvilito al tavolo di un pub —, salvo uno, che si era nascosto sotto la mia giacca». 
I due musicisti parlano, ammirati, del coraggio dimostrato dai ragazzi che, soltanto fino a pochi minuti prima, ballavano e cantavano assieme a loro. A pochi metri da loro. Non tutti si sono subito resi conto che i colpi di Ak47 non erano effetti scenici studiati dai coreografi per accompagnare «Kiss the devil», «Bacia il diavolo», il brano in esecuzione in quel momento: «Molti spettatori – riferisce Hughes – sono morti perché non volevano lasciare soli i loro compagni feriti, hanno cercato di fare scudo con i loro corpi». 
Altri, che non avevano individuato una via di scampo sicura, «facevano finta di essere già morti, tanto erano paralizzati dalla paura». 
Il personale di sorveglianza era riuscito a far uscire la band dal teatro, prima che le porte si richiudessero per due ore su centinaia di ostaggi, alla mercé dei jihadisti. Gli Eagles of Death Metal erano rientrati quasi subito in patria, lasciando uno smarrito messaggio su Facebook: «Stiamo ancora cercando di sapere se tutti i membri del nostro gruppo e della nostra squadra siano salvi e dove siano finiti». 
Non tutto il loro staff era in salvo. Sono morti Nick Alexander, che si occupava del merchandising, e tre dipendenti della casa discografica, Universal Music Group, Thomas Ayad, Marie Mosser e Manu Perez. Mentre il produttore dell’organizzazione, Arnaud Meersseman, è ancora all’ospedale: una pallottola gli ha perforato un polmone.