Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  novembre 02 Lunedì calendario

A che punto è la Grecia? Hanno due settimane per fare 30 riforme e ricapitalizzare le banche perché poi arriva il bail-in

Nonostante i riflettori sulla crisi si siano spenti, la situazione finanziaria in Grecia continua a rimanere complessa. Le banche restano sull’orlo della bancarotta, sostenute soltanto dai fondi di emergenza della Bce (in gergo Ela) e dal parziale blocco dei conti correnti, che è ancora in vigore. Dopo l’accordo di agosto, la Troika ha promesso al governo greco 25 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle banche, di cui 10 già pronti in un conto di deposito in Lussemburgo. Ma i fondi verranno erogati solo se il governo sarà in grado, entro il 15 novembre, di approvare una lunga lista di riforme urgenti: è la lista dei «48 punti», che comprende pesanti aumenti di tasse, tagli alla sanità e l’avvio della riforma delle pensioni.
Si tratta ovviamente di un compito monumentale per il governo di Alexis Tsipras, nonostante la vittoria elettorale gli abbia conferito un solido mandato. Dopo una maratona parlamentare, sembra che il governo sia riuscito a far passare alcuni provvedimenti impopolari: l’aumento dal 26% al 29% dell’imposta sul reddito, il rincaro della tassa sul lusso dal 5% al 13% ed il ripristino della tassa sulla pubblicità televisiva.
Il nodo previdenza
Ma sulla riforma pensionistica le insidie sono molte e il governo ha incontrato rallentamenti. Tsipras sta frenando anche sulla richiesta di Bruxelles di modificare le norme che proteggono i proprietari di prima casa dallo sfratto. Secondo alcune stime ci sono 320.000 famiglie in Grecia che non pagano più il mutuo e questi prestiti costituiscono sofferenze per il sistema bancario; nei piani degli euroburocrati, i pignoramenti potrebbero accrescere il capitale delle banche e ridurre lo sforzo finanziario del Fondo salva-Stati (Esm) nella ricapitalizzazione.
Insomma, per il momento in Grecia si continua a navigare a vista e solo 19 dei 48 punti previsti dall’«armistizio» di agosto sono stati approvati dal governo. Questo a Bruxelles non è piaciuto e la Troika ha rinviato l’erogazione di 2 degli ultimi 3 miliardi di prestiti. Ne sono già stati trasferiti 13 per ora, e questo ha permesso al governo di continuare a pagare stipendi e pensioni e ridurre le tensioni sociali. Con questi fondi inoltre è stato ridotto il debito nei confronti della Bce, e questo potrebbe consentire l’avvio del Quantitative easing per la Grecia già da novembre: un successo di immagine insperato per Tsipras, che darebbe ossigeno al sistema bancario, dove ci sono 15 miliardi di titoli di Stato greci acquistabili da Francoforte.
Capitali
Tuttavia le scadenze incombono e la tregua potrebbe essere breve: tra poco la Bce rilascerà le stime ufficiali sugli incrementi di capitale necessari per riportare a galla il sistema bancario greco. Rumour provenienti dall’industria finanziaria dicono che la Bce cercherà di tenere le cifre «basse», al di sotto dei 20 miliardi di euro. In questa maniera l’Esm dovrebbe erogare «solo» 15 miliardi al Fondo Salva-banche greco Hfsf, mentre le restanti risorse dovrebbero essere sottoscritte da investitori privati.
Non sembrano destare preoccupazioni i 12,7 miliardi di crediti fiscali (Dtc, «deferred tax credits») verso il governo che costituiscono attualmente oltre il 50% del patrimonio di vigilanza delle banche elleniche. Ad inizio anno la Commissione europea ha aperto un’indagine nei confronti dei governi di Grecia, Italia, Spagna e Portogallo per sospetti aiuti di stato ai propri sistemi creditizi. Oggetto dell’indagine sono proprio i crediti fiscali nei confronti dello Stato che, attraverso il varo di opportune leggi nazionali, sono stati contabilizzati nel patrimonio di vigilanza delle banche realizzando di fatto una ricapitalizzazione «artificiale». In Grecia peraltro le principali banche sono controllate dal Fondo Hfsf, realizzando una dubbia partita di giro tra istituti di credito e governo che gonfia fittiziamente il capitale. Al momento pare che Bruxelles non voglia insistere su questa strada, verosimilmente perché senza Dtc le banche greche avrebbero bisogno di molti più fondi dal Fondo salva Stati.
In ogni caso, è nell’interesse di Tsipras che la ricapitalizzazione avvenga al più presto: il 1° gennaio 2016 entrerà in vigore la nuova normativa che prevede il bail-in per la risoluzione delle crisi bancarie. Questo vorrebbe dire che a pagare per la ricapitalizzazione delle banche greche sarebbero non solo gli obbligazionisti privati ma anche i depositanti, che nel frattempo non possono tutelarsi ritirando i propri risparmi visto il blocco dei conti correnti. Comunque vada, i sacrifici per i cittadini greci sono appena cominciati.