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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

Come si calcola il valore di un francobollo

Anche se qualcuno sogna un impossibile ritorno al passato, le speculazioni italiane degli anni Sessanta e quelle spagnole degli anni che vanno dal Novanta del secolo scorso (e forse anche prima) fino ai primo decennio del Duemila, hanno dimostrato che non è possibile guadagnare su francobolli ancora freschi d’inchiostro.
A fare business, con i francobolli di nuova emissione sono le amministrazioni postali, o comunque le concessionarie per conto dello Stato (è questo il caso di Poste Italiane), che sfornano in misura crescente francobolli per il mercato del collezionismo. «Si tratta – accusa Paolo Deambrosi direttore del catalogo Unificato – di un collezionismo studiato a tavolino e purtroppo neppure intelligentemente». Critica non nuova. Già nel 1932 ci fu un’alzata di scudi per i 334 francobolli emessi da parte delle Poste dei Savoia. In tutto questo c’è del vero, così come è vero che mancano proposte serie e concrete che tengano conto del fatto che, come assicura Filippo Bolaffi, amministratore delegato dell’omonima azienda torinese, «il collezionismo e il commercio dei francobolli cambieranno». Non dimostrano di pensarla così i presidenti dei commercianti, dei circoli filatelici e dei giornalisti e scrittori, secondo i quali a creare «forte disagio per le emissioni di francobolli 2015» sarebbero: l’incerta composizione della Commissione per lo studio delle carte valori postali; la mancata convocazione della Consulta; la rinuncia del bilinguismo sui francobolli riguardanti l’Alto Adige; il continuo aggiungersi di emissioni a soggetto religioso e le integrazioni al programma. Il Sottosegretario Antonello Giacomelli ha fatto sapere che «spetta al ministro dello Sviluppo economico il compito eminentemente politico di interpretare il sentimento della comunità nazionale» e che la Consulta «non ha alcun potere né decisionale né di indirizzo». E c’è anche chi vorrebbe aumentare le tirature delle singole emissioni, attualmente attestate intorno a 800 mila esemplari. Un quantitativo che rischia di accrescere l’invenduto. Interpellato dal Corriere, l’ufficio stampa di Poste Italiane non ha difficoltà a precisare che «si tratta, ovviamente, di un numero elevato di pezzi» e che si conta di «chiudere la partita entro la fine dell’anno». Nessun rappresentante del mondo del collezionismo e del commercio filatelico ha finora affrontato la spinosa questione, che non è solo di numeri ma anche dell’uso che verrà fatto di questo invenduto. Se cioè verrà distrutto, oppure se tornerà sul mercato.
Dopo il calendario postale del 1860 messo insieme da Giulio Andreotti, e venduto da Ferrario per 43mila euro (3mila oltre la stima), LaserInvest (www.laserinvest.com) propone un altro curioso calendario scandito come è dalle date di annulli postali che ricostruiscono il primo mese d’uso dell’emissione del Lombardo Veneto del 1850. Naturalmente la sequenza parte col primo giugno, stampigliato a Mantova sul taglio da 30 centesimi. Partenza in sala da 18 mila euro. Con cento euro si può invece concorrere per una lettera da Venezia, spedita il 29 giugno. Il catalogo della vendita del 7 novembre comprende pure un vasto insieme di documenti storico-postali dell’Africa italiana.
Vaccari (www.vaccari.it) ha scelto il 14 novembre per il proprio incanto. Un migliaio i lotti, tra cui l’«Illustrirte Zeitung» di Lipsia con l’1 kreuzer nero per giornali bollato I. R. Dogana principale di Verona, offerto a partire da 6.500 euro.