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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

Quando i miniassegni sostituirono le 100 lire scomparse. Erano gli anni ’70, in quel periodo al posto delle monete furono utilizzati anche gettoni telefonici e perfino caramelle e cerotti

Se oggi si moltiplicano quanti vorrebbero vivere senza euro, c’è stato un periodo nella storia d’Italia in cui milioni di cittadini furono costretti a vivere senza lire. Erano gli Anni 70, quando lo shock petrolifero mise le ali all’inflazione e inaugurò la buia stagione dell’austerità: auto a targhe alterne, riscaldamento razionato, limiti all’illuminazione pubblica, orari ridotti per le trasmissioni Rai.
Una delle conseguenze sul sistema economico per reggere la rincorsa galoppante dei prezzi riguardò il tipo di denaro in circolazione. Si stampavano enormi quantità di banconote mentre scarseggiavano soprattutto gli spiccioli: il conio dei pezzi metallici non reggeva i ritmi della cartamoneta.
Nacquero così i cosiddetti miniassegni, titoli emessi da singoli istituti di credito (quindi non dalla Banca d’Italia, unica autorità che può battere moneta tramite la Zecca di Stato) e addirittura da catene commerciali sotto forma di «buono merce». In sostanza, era una forma di baratto: buoni e miniassegni rappresentavano una valuta alternativa alla lira, oltre che un simbolo dell’inefficienza delle autorità monetarie, e dunque dello Stato. In quel periodo al posto del contante furono utilizzati anche gettoni telefonici e perfino caramelle e cerotti. 
Per mesi i tagliandi emessi dalle banche circolarono al posto delle monetine prima di diventare oggetto di culto per collezionisti. Sono stati contati 835 tipi di miniassegni emessi da 33 istituti di credito sotto forma di assegni circolari di piccolo valore (soprattutto 50, 100 e 200 lire) intestati a enti e società e già dotati di girata: potevano dunque circolare liberamente prima di essere convertiti in lire consegnandoli alla banca emittente.