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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

La bestia Tatyana McFadden. Storia della vera icona dello sport paraolimpico (altro che Pistorius)

Le braccia di Tatyana McFadden tradiscono il suo soprannome: «La Bestia». Rude nomignolo per una campionessa paralimpica che si è presa la sua 3ª maratona di New York e il secondo grande slam del circuito (Londra, Boston, Chicago e New York) per giunta con un tempo record, 1h43’4, che lima il precedente di più di 7 minuti. È lei la vera stella della 42km più famosa del mondo.
Magari «la bestia» è forte, urta, ma racconta bene la forza di chi non ha solo vinto con quelle braccia possenti: Tatyana è sopravvissuta grazie a quei muscoli prima ancora di sapere come allenarli. Prima di poterli vedere.
Orfanotrofio russo
McFadden nasce russa e sola. I genitori la abbandonano quando scoprono che ha la spina bifida. Non possono curarla e la lasciano in un orfanotrofio di San Pietroburgo. Lei deperisce: non la operano, non la aiutano e Tatyana striscia sulle braccia, gattona, resiste, a stento, fino a che il suo sguardo incrocia quello della futura madre: Debbie.
La signora McFadden nel 1994 lavorava per il dipartimento della salute, vede Tatyana e la adotta, la salva: «Probabilmente sarei morta senza di lei». Invece è rinata, cresciuta, ha continuato a spingere sulle braccia che la hanno tenuta al mondo ed è diventata un’atleta incredibile.
Alle Paralimpiadi estive ha gareggiato nei 100, 200, 800, 1500 metri e maratona e ha raccolto tre ori e un bronzo. Non contenta ha aggredito ogni 42 km degni di nota e da tre anni non ne perde una. Non solo, è stata anche ai Giochi invernali, sci di fondo. E a Sochi ha posato tra la mamma adottiva e quella biologica. Non ha rancori: «Immagino che in una famiglia povera dell’Unione Sovietica fosse impossibile allevare una bambina nelle mie condizioni». È pure tornata in quell’orfanotrofio da condanna, «ho visto che è molto migliorato, dovevo sapere...».
Sorella paralimpica
Per la famiglia McFadden si chiude la settimana perfetta. sei giorni fa la sorella di Tatyana, Hannah, anche lei amputata, anche lei adottata (da una famiglia albanese), anche lei sportiva, ha vinto due bronzi ai Mondiali paralimpici: 100 e 200 metri. Le sorelle si sono scambiate complimenti via twitter, orgoglio e passione su frequenze difficili da captare in pieno. Troppo coraggio, troppa energia per noi comuni mortali ammirati e contagiati da tanta determinazione.
Resta una domanda. Perché con un esempio così il movimento paralimpico è ancora appeso alla faccia di Pistorius e incastrato al suo caso inquietante? Tatyana McFadden è molto più di un poster, è una Bestia.