La Stampa, 2 novembre 2015
Inventato il cuscino per dormire in pubblico
Il primo studente che dorme beatamente sul tavolo della biblioteca l’ho visto anni fa in Canada. Fino allora la visione di gente che sonnecchia, o dorme profondamente, era legata ai viaggi in treno, oppure in aereo. I passeggeri dei treni locali, o i viaggiatori transatlantici, non si facevano scrupolo di appisolarsi appoggiando la tesa allo schienale. Al liceo capitava che qualche compagno di scuola, dopo aver vegliato la notte per consegnare un compito o una relazione, si appoggiasse al banco con le braccia e reclinasse testa nel tentativo di schiacciare un breve pisolino. Ma veniva subito ripreso dagli insegnanti.
Nelle biblioteche che ho frequentato nei decenni successivi nessuno si appisolava. Per dormire c’era il letto o qualche altro luogo deputato. Allora si dormiva meno? Forse si era meno stanchi. O meglio, veniva sonno la sera, in fine giornata, e raramente in luoghi pubblici; anche se capitava di vedere dopo pranzo qualche operaio dormicchiare vicino al cantiere o alla fabbrica. In Canada ho visto molti studenti che riposavano, braccia conserte e testa sul tavolo nella sala consultazione. Per la maggior parte erano orientali. Un amico docente mi ha spiegato che sono cinesi o sudcoreani, i più studiosi di tutti. Vincono tutte le borse di studio. Nei momenti d’intenso studio, per non perdere tempo, dormivano lì.
Adesso lo spettacolo di studenti addormentati sui tavoli è diventato consueto anche da noi. Sono i ritmi intensi del lavoro intellettuale, che ha sostituito quello manuale, dove la fatica si accumulava nel corpo in modo diverso. Perciò non stupisce che designer londinesi, lo Studio Banana, abbiano progettato un cuscino-contenitore per il sonno: Ostrich Pillow, il cuscino dello struzzo. Si tratta di un involucro da indossare; avvolge il capo fasciandolo, mentre lascia aperta una feritoia per respirare. Composto di perle Micro Polyestirene, permette di introdurre le mani, così da appoggiarle sulla testa e tenerle al caldo. Realizzato attraverso un crowfunding in Kick Starter, fornisce una soluzione a chi vuole dormire in pubblico e sottrarsi allo sguardo degli altri. A differenza di quello che ritiene Jonathan Crary in 24/7 (Einaudi), il turbocapitalismo attuale non confisca il nostro sonno per meglio sfruttarci, ma ci invita a dormire quando ci serve, rompendo la separazione tra giorno e la notte; il tutto per poter lavorare con più intensità negli altri momenti. Proprio come gli studenti orientali, che vogliono arrivare primi. La gara continua.