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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

La morte di Schabowski, l’uomo che fece cadere il Muro di Berlino

Günter Schabowski è morto ieri a 86 anni. L’uomo che «fece cadere il muro di Berlino» deve la sua fama ad una serie di circostanze fortuite. Ma non è affatto vero, come vuole la vulgata, che il muro cadde per caso. E nella vicenda più importante della recente storia tedesca, un giornalista italiano ebbe un ruolo fondamentale.
Il 9 novembre del 1989 il funzionario della Repubblica democratica tedesca era stato nominato da tre giorni portavoce del governo di Egon Krenz. In uno sforzo per ammorbidire l’asfittica Germania comunista dinanzi alle pressioni crescenti che venivano dai movimenti di opposizione e dall’ondata rivoluzionaria avviata da Gorbaciov, il regime concluse una riunione di partito movimentata con la decisione di allentare le regole sui permessi di viaggio. A Schabowski, che era arrivato tardi, fu dato l’incarico di comunicare le nuove regole: sarebbero entrate in vigore il 10 novembre. Ma a causa del ritardo, l’alto papavero della Sed non aveva ascoltato il momento in cui il Comitato centrale aveva fissato la data. Il comunicato delle nuove leggi sui permessi di viaggio – che di fatto conteneva in astruso burocratese la decisione rivoluzionaria di aprire le frontiere – gli fu consegnata perché il portavoce la rendesse pubblica.
In massa ai varchi
Alla conferenza stampa che è entrata nella storia, convocata per le sei di sera del 9 novembre e trasmessa in diretta in tv, Schabowski diede l’annuncio quasi alla fine, rispondendo alla domanda di un giornalista italiano, il corrispondente dell’Ansa, Riccardo Ehrman. Fu lui a chiedergli dei permessi di viaggio. Schabowski balbettò, finalmente lesse il passaggio della decisione del Comitato centrale che riguardava la nuova legge. A quel punto la domanda successiva, di un cronista della «Bild», fu fondamentale: quando entreranno in vigore le nuove regole? Il portavoce della Ddr esitò di nuovo, non trovò tra le sue scartoffie nessun accenno al 10 novembre e alla fine proclamò: «Per quanto ne so, valgono da subito». I cronisti si precipitarono a dettare la notizia del decennio: il muro di Berlino era caduto.
In un’intervista a un quotidiano italiano, «Il Riformista», del 22 febbraio del 2009, Ehrman rivelò per la prima volta, a vent’anni di distanza da quella fatidica notte, che la domanda a Schabowski gli era stata suggerita da qualcuno dietro il muro. Il giorno prima il capo dell’agenzia di stampa della Germania Est Adn e membro del Comitato centrale, Günter Pötschke, telefonò ad Ehrman chiedendogli di fare a Schabowski la domanda fatidica. Dopo la conferenza stampa, nel giro di poche ore, fu chiaro che i berlinesi dell’Est avevano capito benissimo le parole di Schabowski: si precipitarono in massa ai varchi di frontiera. Quella sera, la sbarra che divideva Berlino Est da Berlino Ovest fu sollevata per prima a Bornholmer Strasse, poi ovunque.
La registrazione della conferenza stampa è stata dichiarata patrimonio dell’Unesco ma Schabowski è rimasto un personaggio controverso. Se è vero che nelle settimane prima della caduta del muro il funzionario della Sed aveva mostrato disponibilità a dialogare con l’opposizione ed era apparso persino sul palco di una delle più grandi manifestazioni contro il regime, il 4 novembre, Christa Wolf lo ha sempre ricordato come uno dei più feroci bonzi della Ddr. Ma è anche tra i pochi ad aver ammesso pubblicamente le proprie colpe. Schabowski è stato anche processato per i morti lungo la «striscia della morte», la frontiera. Ed è stato vittima di una truffa attorno al foglietto della conferenza stampa, prestato a un conoscente per presunte ricerche, che lo ha venduto ad una fondazione per 25 mila euro.