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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

Passione giapponese per l’automazione. L’attrice-robot in scena e la Toyota che si guida da sole al Salone dell’auto di Tokyo

TOKYO La passione per i robot in Giappone è senza limiti. Lo sa bene Hatsune Miku, attrice teatrale da tutto esaurito con La Metamorfosi di Kafka. Nulla d’insolito. Se non fosse che Hatsune è un umanoide giapponese dalla voce sintetizzata, pronto a dialogare senza esitazioni con attori «veri», cioè in carne e ossa.
Un successo che regala il bis sul palcoscenico della 44sima edizione del Tokyo Motor Show (chiude l’8 novembre) dove l’auto-robot conquista la scena. Gli occhi sono tutti per lei. E l’industria automobilistica ha trovato un «attore» in grado di scatenare interesse verso un prodotto che finora con la rivoluzione digitale aveva ben poco a che fare. Hatsune qui prende le sembianze della guida autonoma, veicoli di qualsiasi forma e dimensione, destinati presto a diventare realtà: «Nel 2020 lanceremo la prima auto in grado di viaggiare in città anche senza intervento umano, ancora prima se parliamo di guida in autostrada o su percorsi extraurbani», annuncia Carlos Ghosn, numero uno di Nissan/Renault.
Nessun conflitto tra uomo e macchina: «Chi è al volante potrà decidere di continuare a guidare, oppure sarà sufficiente spingere un pulsante per lasciare tutto nelle mani dell’elettronica», continua il top manager ingegnere, brasiliano di nascita e libanese di origini.
Scenario puntualmente confermato in Toyota: «Il sistema Teammate arriverà in autostrada nel 2020 e consentirà a chi è a bordo di poter contare su un’intelligenza artificiale, in grado di supportarlo in tutte le situazioni di pericolo», spiega Kein Koibuchi, responsabile dei sistemi di guida autonoma Toyota. Un angelo custode virtuale più che un’autista-robot a tempo pieno. Anche perché, aggiunge Koibuchi, «oggi la velocità di reazione dell’intelligenza artificiale è ancora più lenta di quella dell’uomo e non riesce a risolvere situazioni particolari come le rotonde o i comportamenti non in linea con il codice stradale».
È come mettere un bambino alla guida: nessun problema in caso di manovre elementari, per il resto c’è da aspettare. È stato sufficiente uscire dal Motor Show e mettersi al volante (si fa per dire) di una Lexus GS450h a guida autonoma nel traffico ordinatissimo della Bayshore Route di Tokyo, per rendersi conto che a Milano o di Roma sarà tutta un’altra storia.
La robotica si spinge oltre la stessa definizione di auto: monoposto a guida autonoma, come l’Honda Wander Stand o il Coms Connect di Toyota Auto Body, sono pronte a soddisfare le esigenze di mobilità individuale nella smart city che verrà. Oppure robot in grado di viaggiare in sella a una Yamaha in circuito a più di 200 km/h: «L’obiettivo è raccogliere in sicurezza informazioni sul comportamento della moto alle alte velocità per lo sviluppo di sistemi di sicurezza e assistenza alla guida», spiegano i giapponesi.
Fuori della scena la Toyota Kikai, un concept che ha tutta l’aria di una provocazione: auto nuda e cruda, vettura e non gadget digitale. Meccanica che prova a resistere all’elettronica: a vederla da qui, una sfida già persa.