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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

In Calabria, dal 1994 a oggi sono stati realizzati 134.000 edifici con tutti i crismi della regolarità grazie a sindaci di 160 diversi Comuni che hanno dato il nulla osta nonostante un divieto vincolante. Lo scorso agosto l’alluvione di Rossano è stata causata da un intero quartiere sorto negli anni Ottanta sul letto cementificato del torrente Citrea.

Alle quattro del pomeriggio le mamme tengono i bambini per mano e fanno la coda al botteghino per Hotel Transilvania 2. «Certo che conosco la storia di questo luogo» dice la signora Anna. «Ma se ci dicono che è un rischio con il quale si può convivere non possiamo fare altro che fidarci. E poi nel centro commerciale ci lavora anche mio marito...».
La versione calabrese del proverbio sull’acqua passata che non macina più è ancora più netta e radicale di quelle in uso altrove. Ciò che è stato fatto è destinato a rimanere. «Considerati i tempi stretti, si chiede a codesta spettabile Autorità di Bacino regionale se dette aree, in attesa della declassificazione, possono essere comprese nella nuova pianificazione come urbanizzabili». Andando a ritroso cominciò così, il 21 marzo del 2008. Con una lettera del comune di Zumpano, quasi tremila abitanti a ridosso di Cosenza, in zona 1, ovvero con sismicità alta, dove si chiedeva una piccola deroga al Piano di assetto idrogeologico in vigore dal 2001 che inseriva la collina Malavicina nel settore R4 sia del rischio alluvionale che di quello franoso. Il più elevato di tutti, quello che contempla anche «la possibile perdita di vite umane».
Il 3 marzo del 2011 gli operai che scaricavano merce nei magazzini del supermercato Lidl si salvarono per miracolo. La frana scese dalla collina con velocità di riferimento superiore ai sei metri al minuto, quasi un record italiano dovuto alla scarsa qualità dell’impasto di sabbia e limi che compone il costone sotto al quale venne costruito il centro commerciale. Le cinque sale del cinema Andromeda Village dovevano ancora essere inaugurate.
Da allora ci sono stati sequestri, dissequestri e sigilli parziali, tecnici contrari alle varianti dei progetti allontanati da solerti dirigenti comunali, inchieste della Procura sui permessi a costruire rilasciati per un residence da 22 alloggi con annessi cortili, garage e strade residenziali, tutte opere realizzate su terreni franosi e fino a oggi mai declassificati dall’Autorità di bacino nonostante qualche lavoro di consolidamento. E poi un processo in corso contro l’ex sindaco e alcuni suoi funzionari per la frana del 2011 e l’espansione del centro commerciale, il sequestro dell’azienda di proprietà del costruttore del multisala disposto dalla Procura di Napoli con la definizione tranchant di «Prodotto interno lordo della camorra» agli atti del procedimento, infine un’altra inchiesta aperta nel luglio di quest’anno dopo un esposto presentato dai migliori geologi calabresi.
«La cosa più assurda è che dopo quella frana si è ripreso a costruire come se nulla fosse accaduto. Il centro commerciale è in continua espansione. Investire sulla messa in sicurezza di una collina che continua a scivolare per chiedere in seguito la riclassificazione dell’area è troppo complicato: meglio la scorciatoia, meglio fare finta di niente». Carlo Tansi, geologo del Cnr e tra pochi giorni nuovo direttore regionale della Protezione civile, è convinto che sia meglio passare da Cassandra piuttosto che fare da spettatore ai tanti disastri calabresi annunciati, sempre con il senno di poi.
Adesso è nella piana di Gioia Tauro, dove sabato pomeriggio un uomo è stato travolto dall’esondazione di un torrente. Anche questa volta un piccolo corso d’acqua incanalato a forza, compresso tra le mura perimetrali di alcune abitazioni, che incrociava rasoterra una strada asfaltata. «Il nostro è un territorio fragile e scosceso che contiene 1.200 piccoli bacini, almeno la metà dei quali anziché aumentare di portata quando scendono da monte verso valle, si restringono a causa della costruzione di edifici talvolta abusivi ma spesso con i permessi in regola, rilasciati in zone ad alto rischio dove la legge proibisce di costruire. La vera anomalia calabrese è questa».
Agli inizi del secolo scorso lo storico Giustino Fortunato definiva già la Calabria «uno sfasciume pendulo sul mare». Ma nel decennio dopo le frane che dal 12 al 18 ottobre 1951 spazzarono via quasi 90 Comuni devastando il versante ionico della regione, le zone colpite raddoppiarono le cubature dei loro immobili. Oggi la regione ha il primato delle strutture pubbliche e delle abitazioni costruite in zone che i Piani di assetto idrogeologico si ostinano a definire «altamente insicure per la vita stessa degli abitanti». Dal 1994 a oggi sono stati realizzati 134.000 edifici con tutti i crismi della regolarità grazie a sindaci di 160 diversi Comuni che hanno dato il nulla osta nonostante il divieto contenuto nei Pai che dovrebbe essere vincolante. Lo scorso agosto l’alluvione di Rossano è stata causata da un intero quartiere sorto negli anni Ottanta sul letto cementificato del torrente Citrea.
Il River Village di Zumpano deve il suo nome alla vicinanza con il Crati. L’area sulla quale sorge rappresentava il letto naturale e la zona di deflusso del più grande fiume calabrese, dove i frutteti privati sorti sul suo alveo facevano da tappo. Dopo l’ultima esondazione, ottobre 2013, la Protezione civile ha attivato d’imperio i quattro milioni di euro per la messa in sicurezza del fiume che dal 2010 giacevano inutilizzati nelle casse della Regione. È una delle poche storie a buon fine della terra più martoriata d’Italia, dove qualcosa è cambiato, come dimostra l’imminente nomina di Tansi, non proprio il professionista più amato da amministrazioni comunali e costruttori.
Ma quel che è stato fatto rimane, bisogna rassegnarsi alla saggezza popolare. «Dovevate pensarci vent’anni fa». L’unica dichiarazione pubblica sull’argomento dell’attuale sindaco di Zumpano, Maria Lucente, moglie del sindaco oggi a processo che avviò l’opera negli anni Novanta, arrivò durante un convegno organizzato proprio nella multisala. La squadra di esperti da lei radunata varò l’ardito concetto di «rischio esistente ma convivibile». Sabato scorso alla proiezione del pomeriggio per i ragazzi la sala 5 dell’Andromeda Village era piena. Appena prima dell’aeroporto di Reggio Calabria si incrocia quel che resta della fiumara Sant’Agata, uno dei sette rivi tombati che minacciano il capoluogo. Nell’Ottocento era larga 180 metri. Il tubo che la contiene ha una sezione inferiore ai 15 metri, e scorre sotto l’ultimo tratto di autostrada e la pista di atterraggio. Ci vorrà molto tempo, per cambiare il passato.