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 2015  novembre 02 Lunedì calendario

I libici di Tobruk denunciano: «Tre navi da guerra italiane nelle nostre acque la notte di sabato». Ma è solo Haftar che fa propaganda contro l’inviato dell’Onu Léon che voleva escluderlo dal governo unitario

«Cittadini della Libia, prendete le vostre armi e correte sulle spiagge a difendere il nostro Paese! Le navi italiane vicino a Bengasi si dirigono verso la costa a Derna, violano le nostre acque territoriali, dobbiamo combattere una nuova invasione».
Sono stati questi i toni usati sabato sera, verso le ventidue, dalle televisioni e dalle radio controllate dal governo di Tobruk che hanno messo in allarme la popolazione della Libia orientale. Un allarme che già ieri mattina sembrava rientrato. Nessuno è corso sulle spiagge e nessuna nave col tricolore era visibile all’orizzonte.
È giunta però una nota del ministero della Difesa di Tobruk in cui si denuncia la presenza nella notte tra sabato e domenica di «tre navi da guerra italiane» nelle acque libiche, con una diffida pesante: verrà «utilizzato ogni mezzo» per porre fine a tali «violazioni». E un’aggiunta: l’aviazione libica ha inseguito le navi e ora pattuglia la zona. Più tardi la replica moderata italiana, che nega qualsiasi violazione dello spazio marittimo libico, oltre alla ovvia considerazione dei commentatori per cui semmai qualche cosa del genere dovesse avvenire avrebbe come teatro il monitoraggio del traffico di migranti dalle coste occidentali controllate dal governo di Tripoli (non quelle orientali governate da Tobruk) nel contesto delle operazioni condotte dalla forza navale europea, sono servite per mettere in luce una verità nota a chiunque segua il nodo libico: il Paese è sempre più nel caos e a Tobruk la confusione regna sovrana.
Fonti locali e diplomatici europei che da mesi lavorano per cercare una soluzione alle divisioni interne libiche non esitano infatti a puntare il dito contro il ministro della Difesa di Tobruk, generale Khalifa Haftar. È stato Haftar a montare la storia italiana in netto contrasto con l’imbarazzato primo ministro Abdullah al-Thinni, che ieri faceva dire ai suoi portavoce di non sapere assolutamente nulla in merito.
Per capirne di più occorre però fare un passo indietro. Sino a poche settimane fa infatti la comunità internazionale, con l’Italia in prima fila, che sostiene il piano per un governo di unità nazionale libico mediato dall’inviato dell’Onu, il diplomatico spagnolo Bernardino León, ha sempre trovato nei dirigenti di Tobruk interlocutori molto più malleabili che tra i Fratelli Musulmani in carica a Tripoli. La situazione è però cambiata nettamente da quando León ha fatto sapere che non c’è posto per Haftar nel prossimo governo unitario. Già tre settimane fa il generale, che è fortemente sostenuto dai militari egiziani, ha dichiarato guerra aperta all’inviato Onu, al suo piano e ai Paesi che lo sostengono. «Sono tutti alleati di Isis», ha tuonato. Più León ha forzato i tempi e più Haftar gli ha messo i bastoni tra le ruote. Ora la sua offensiva si fa ancora più dura con l’avvicinarsi delle dimissioni dell’inviato Onu, che dovrebbe venire sostituito nei prossimi giorni dal tedesco Martin Kobler. Ovvio che Haftar intenda segnalare la sua determinazione a non lasciare. Per Kobler la missione comincia in salita.