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 2015  ottobre 31 Sabato calendario

Anoressia spirituale e bulimia materiale. Mali e paure della società contemporanea secondo Enzo Bianchi

«A Expo non ci sono andato solo perché non negli ultimi tempi non ne ho avuto la possibilità, ma il tema del cibo mi sta molto a cuore» esordisce Enzo Bianchi, 72 anni priore e fondatore della Comunità monastica di Bose, località del paese di Magnano nel Biellese. Religioso e saggista Bianchi è tra i partecipanti al progetto del padiglione immaginario Cibo del pensiero, cibo dell’anima.
Nel suo intervento per il progetto parla di anoressia e bulimia spirituali. Qual è il male che più contraddistingue l’epoca in cui viviamo?
«Certamente oggi c’è una anoressia verso la vita interiore; la velocizzazione contemporanea ha portato a una esistenza impegnata e sempre frenetica. In tutto questo manca la possibilità per l’individuo di avere uno spazio per una vita interiore, n0n dico per forza una vita spirituale. Non c’è mai un momento per soffermarsi sulle domande della vita: chi siamo, dove andiamo... E a fronte di questa anoressia spirituale viviamo una bulimia materiale ovvero abbiamo la tendenza a consumare a tavola sempre più cibo».
A cosa sono dovuti, secondo lei, questi eccessi?
«È la paura – tipica dell’uomo – della morte e del limite. Viviamo in una società che non insegna a farsi domande, in cui è difficile restare soli con se stessi; che non insegna ad affrontare le proprie paure».
Anche il cibo spirituale può essere indigesto, fare male?
«Sì, sul mercato l’offerta delle proposte di vita spirituale e interiore è ampia. E il peggio è che gli errori di una vita spirituale possono diventare patologie psicologiche: un cammino di spiritualità sbagliato porta in direzioni diverse da quelle desiderate. Sono scelte che finiscono perfino per distruggere le possibilità di una vera spiritualità».
Si riferisce a integralismi ed estremismi religiosi?
«Non solo a quelle situazioni estreme, ma anche alle visioni che tolgono lucidità all’uomo, lo portano lontano da ciò che cerca e fa sì che ci sia uno stacco dalla realtà. Basta pensare a una certa idea di ecologia che vorrebbe un ritorno a stili di vita del passato, una sorta di natura senza cultura».
Uno dei suoi libri più noti è Il pane di ieri (Einaudi 2008): come si fa a capire e a trasmettere il valore del «pane di ieri che è buono anche domani» in una società che offre cibi saporiti in abbondanza?
«La parola esatta che dobbiamo riscoprire è: sobrietà. Non come scelta ascetica e negativa e neppure come una angosciata rinuncia alla cose del mondo. Si tratta piuttosto di andare a riscoprire i sapori semplici, gli stessi del resto che oggi in molti ci dicono che sono i più utili, quelli che ci fanno bene. Abbiamo davanti a noi un’offerta di cibi vastissima ma pensiamo per un istante al costo di avere in ogni stagione sugli scaffali dei nostri negozi merci e prodotti che arrivano dall’altra parte del mondo: è un capriccio. Mettiamo sul piatto della bilancia costi di produzione, di traporto, inquinamento e avremo da soli la risposta su come comportarci».
Un grande problema oggi è lo spreco del cibo materiale, vale anche per il quello spirituale?
«Siamo abituati a fare dei nostri frigoriferi l’anticamera della spazzatura. E purtroppo accade anche per il nostro spirito. Abbiamo una tale abbondanza di spiritualità che finiamo per seguire quella che ci fa più comodo, andiamo dietro ai guru del momento in maniera acritica. A cascarci sono spesso i giovani. Come per i cibi ci piace l’idea che anche la nostra spiritualità venga da lontano, abbia qualcosa di esotico».
Del priore Bianchi esce a breve per Einaudi Spezzare il pane, su Gesù a tavola, libro che parla di un’etica del cibo. Che è poi il tema guida di Expo. «Se fossi andato a Expo – conclude Bianchi – avrei voluto vedere i padiglioni arabi e giapponese e quello del Vaticano».