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 2015  ottobre 10 Sabato calendario

La Ferrari vale 10 miliardi e Marchionne ne vende il 10 per cento. Quotazione prevista tra 48 e 52 dollari

Sessantotto anni di storia valgono dieci miliardi di dollari. Dallo storico portone di via Abetone Inferiore a Maranello – da dove uscì la prima vettura marchiata Ferrari (la 125 S) – all’ingresso di Wall Street. Anno 1947, in un’Italia prostrata dalla guerra. Anno 2015: la Ferrari va in Borsa. Anzi il 10% del Cavallino, che quindi viene valutato circa un miliardo di dollari. Il prospetto per la quotazione è stato depositato ieri in tarda serata alla Sec dalla New Business Netherlands Nv, società da cui nascerà la Ferrari Nv di diritto olandese. Saranno circa 18,8 milioni le azioni ad essere quotate. Nel documento presentato all’authority di vigilanza Usa viene indicata una forchetta di prezzo per l’Ipo («initial public offering», offerta pubblica iniziale) tra i 48 e i 52 dollari per azione.
Nei primi mesi del 2016 il restante 80% delle azioni verrà distribuito ai soci Fiat Chrysler Automobiles con un titolo del Cavallino per ogni dieci della controllante. Il rimanente 10% sarà sempre detenuto da Piero Ferrari, figlio di Enzo, storico fondatore della casa di Maranello. Reso noto anche il nuovo consiglio di amministrazione che sarà presieduto da Sergio Marchionne. L’amministratore delegato resterà Amedeo Felisa. Gli altri membri del board saranno Piero Ferrari, Louis C. Camilleri, Eddy Cue, Giuseppina Capaldo, Sergio Duca ed Elena Zambon. Non è ancora definito quando avverrà l’effettivo collocamento del 10% del Cavallino. Dalla prossima settimana comincerà il roadshow presso gli investitori. L’offerta – secondo le attese degli analisti – dovrebbe essere ampiamente sottoscritta, con richieste almeno dieci volte superiori alla domanda.
A ben vedere si tratta di una valutazione in linea con le previsioni della vigilia. La quotazione al New York Stock Exchange è attesissima e l’avvicinarsi della presentazione del prospetto alla Sec aveva scatenato in questi giorni parecchie indiscrezioni. Sergio Marchionne, amministratore delegato della controllante Fca, ha insistito più volte nei mesi scorsi sulla necessità di una valutazione del marchio più vicina a quella di un produttore di beni di lusso che a quella di una casa automobilistica. Per le prime l’ammissione alla Borsa viene stimata in media in 20 volte il risultato operativo, il doppio di quello che avviene normalmente per i marchi dell’automotive. Il mercato in questi giorni ha premiato il titolo Fca che nelle ultime sette sedute a New York ha guadagnato il 27% nonostante il «dieselgate» che ha travolto Volkswagen e ha gettato un’ombra sinistra su tutto il comparto alle prese con una volatilità inattesa.
La quotazione del 10% del Cavallino porterà con sé anche un ripensamento delle strategie commerciali: Ferrari – che ha sempre limitato le vendite per preservare l’alto di gamma – dovrebbe aumentare la produzione dell’ultimo modello, la 488 Spider, a 9mila vetture nel 2019 dalle 7.200 dell’anno scorso. Ad ogni modo il ricavato del collocamento del 10% di Ferrari – insieme allo scorporo del debito pertinente al Cavallino – permetterà a Fca di abbattere l’indebitamento del gruppo che a fine giugno era pari a otto miliardi.