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 2015  ottobre 08 Giovedì calendario

Ospiti istituzionali, il tallone d’Achille del sindaco di Roma. Un vizio che ha dal 2002 quando dovette dimettersi dall’Università di Pittsburgh

L’idiosincrasia di Ignazio Marino per le note spese è una storia che va avanti da almeno tre lustri. In particolare il suo tallone d’Achille sembra essere l’indicazione degli «ospiti istituzionali» delle sue cene.
Note che cura personalmente a margine delle ricevute. In questi giorni prelati e ristoratori, però, lo stanno sbugiardando: i commensali del sindaco, in diverse occasioni, non sarebbero stati quelli elencati nelle chiose, ma amici o famigliari. Va detto, però, che i primi ad accusarlo per questo presunto «vizietto» erano stati i suoi vecchi datori di lavoro statunitensi in una lettera pubblicata dal Foglio nel 2009.
Il documento risale al 6 settembre del 2002, è firmato da Jeffrey A. Romoff, numero uno del Centro medico dell’Università di Pittsburgh (Upmc) e riguardava «i termini e le condizioni» a cui l’istituto si diceva pronto ad accettare le dimissioni di Marino dalla direzione dell’Istituto mediterraneo per i trapianti e le terapie ad alta specializzazione (Ismett) di Palermo. Il passaggio più attuale è quello in cui si fa riferimento ad alcune irregolarità amministrative nelle note spese, ammesse, come vedremo, dallo stesso Marino: «Alla data di oggi, riteniamo di aver scoperto una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’Upmc e alla filiale italiana» scriveva Romoff. «Fra le altre irregolarità, abbiamo scoperto dozzine di originali duplicati di ricevute con note scritte da Lei a mano. Sebbene le ricevute siano per gli stessi enti, i nomi degli ospiti scritti a mano sulle ricevute presentate a Pittsburgh non sono gli stessi di quelli presentati all’Upmc Italia». In pratica Marino sugli scontrini, consegnati in doppia copia, avrebbe indicato commensali diversi per la stessa cena, una versione per l’Italia e un’altra per gli Stati Uniti. Ma per Romoff il cuore del problema non era la mangiata a scrocco di qualche invitato: «Avendo sinora completato soltanto una revisione parziale dell’ultimo anno fiscale, l’Upmc ha scoperto circa 8 mila dollari in richieste doppie di rimborsi spese. Tutte le richieste di rimborso spese doppie, a parte le più recenti, sono state pagate sia dall’Upmc sia dalla filiale».
Nel 2009 molti giornali associarono la presunta «cresta» al «licenziamento» di Marino e lui citò cronisti e direttori in giudizio, vincendo la causa nel 2012. In effetti Marino non venne cacciato, ma si dimise. E dopo l’articolo del Foglio, sul proprio sito, motivò così la decisione: «Dal 2001 iniziarono forti interferenze nella gestione amministrativa. Oppressive e continue richieste di favoritismi rendevano via via più difficile, e poi impossibile, la conduzione del Centro secondo criteri di trasparenza e merito». Dunque non lasciò la direzione dell’istituto siculo-statunitense per quelle ricevute mal compilate. «Quanto alla vicenda dei doppi rimborsi quello che il Foglio non dice è che fui io stesso ad accorgermi di alcune imprecisioni e a comunicarle all’amministrazione» sottolineò l’allora senatore Pd. Noi non possiamo smentire la versione dell’errore umano, ma, viste le notizie di questi giorni, sembra proprio che Marino abbia da molti anni un serio problema con i nomi degli ospiti delle sue cene, siano esse pagate dai datori di lavoro o dai cittadini romani.