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 2015  ottobre 08 Giovedì calendario

Il coming out di monsignor Charamsa, spontaneo come una gita al parco col figlio di Fabrizio Corona seguito dai paparazzi. «È un gran paraculo, Monsignor Krzysztof Charamsa. Dice che ha parlato a lungo con Dio, prima di prendere una decisione, ma poi si scopre che prima ha parlato a lungo anche con un editore, con direttori di giornali, con un webmaster e con agenzie fotografiche»

Nel caso abbiate un qualche nemico a cui volete molto male, in questo periodo ci sono due cose da augurargli vivamente: a) che tu possa essere il nuovo ufficio stampa di Volkswagen, b) che tu possa essere il nuovo ufficio stampa del Vaticano. Tra motori e voti di castità truccati infatti, non so chi al momento sia messo peggio. La differenza sta nel fatto che mentre Volkswagen invoca l’austerity e annuncia “risparmi massicci”, la Chiesa invoca l’austerity e un monsignore polacco annuncia di essere gay e di avere un compagno da anni. Insomma, è più probabile che qualche milione di auto da ritirare sia un affare più gestibile e reversibile del coming out di un monsignore plurilaureato che presenta al mondo il suo compagno.
E che per la Chiesa Monsignor Krzysztof sia un affare complicato almeno quanto la sequenza-consonanti nel suo nome, è cosa ovvia. Qui non stiamo parlando di un parroco di campagna che si fa sorprendere in sacrestia mentre amoreggia col giardiniere e viene fatto sparire negli anfratti bui di qualche catacomba.
Stiamo parlando di uno che il terra aria con cui silurare la chiesa se l’è preparato con cura. Quello che sembrava un coming out spontaneo, una liberazione interiore che gli avrebbe permesso di vivere la sua vita in santa pace e di lanciare un messaggio di solidarietà al mondo omosessuale costretto a nascondersi anche all’interno della Chiesa, col passare dei giorni si sta rivelando un coming out mediatico studiato a tavolino. È un gran paraculo, Monsignor Krzysztof Charamsa. Dice che ha parlato a lungo con Dio, prima di prendere una decisione, ma poi si scopre che prima ha parlato a lungo anche con un editore, con direttori di giornali, con un webmaster e con agenzie fotografiche. Intendiamoci, nulla che tolga importanza al suo messaggio, ma questa è un’operazione in cui ogni singola mossa di Krzysztof è genuina quanto un’uscita al parco con paparazzi al seguito di Fabrizio Corona. E non faccio un esempio a caso.
Basta sfogliare Chi di questa settimana, per capire l’antifona. Fa un certo effetto vedere un servizio finto rubato a Fabrizio Corona in cui l’agente fotografico al parco con suo figlio, tra una montagna russa e un tagatà, riesce a cambiarsi pure orologio per non scontentare gli sponsor e poi, qualche pagina più in là, imbattersi nel servizio posato di Monsignor Krzysztof. Un servizio comprato da un giornale polacco e scattato scientificamente qualche giorno prima del coming out, in cui il monsignore posa col suo cronografo arancione in bella vista, photoshoppato ad arte e con un’aria intenso-piaciona il cui effetto conclamato è quello di renderlo all’istante la risposta omosex a Padre George. Il monsignore non è solo omosessuale, colto, credibile, ma è anche figo. Il suo è più di un coming out. È una dichiarazione di guerra. È il mondo gay-cattolico che lancia un messaggio chiaro alla Chiesa: basta l’omosessualità nella chiesa associata a pedofilia e storie pruriginose di provincia. Basta scandali naif e cronaca oscena. È ora di scendere in campo con un testimonial più glamour della Tatangelo per la Lilt, più gnocco di Alessandro Gassmann per Unhcr, più intenso di Saviano per Eutanasia Legale. E così, oltre al servizio fotografico da piacione si scopre che Monsignor Krzystof, mentre parlava con Dio, faceva appunto due chiacchiere anche con un editore perchè è in uscita il libro con la sua storia. Neanche il tempo di togliersi la tonaca e c’è già Luxuria pronta a scrivergli la prefazione. Si scopre anche che sempre mentre parlava con Dio, un webmaster, a fine agosto, gli metteva in piedi un blog nuovo di zecca, perché la rivoluzione passa attraverso il web e dopo la primavera araba, per la Chiesa, mi sa che è arrivato il temuto momento dell’autunno polacco. Del resto, non è la prima volta che un polacco, nella storia della Chiesa e non solo, causa qualche smottamento, solo che mentre a Giovanni Paolo secondo toccò combattere il socialismo reale, a Monsignor Krzystof tocca combattere la finta castità. E mentre parlava con Dio, probabilmente il monsignore chiacchierava pure con la Comunità dei cattolici Lgbt, perché anche il momento del coming out non è certo casuale: dire “Sono gay, ho un compagno, due lauree, un blog, più contratti che Kate Moss e un libro in uscita” con una copertura mediatica che neppure una dichiarazione di guerra di Obama alla Russia alla vigilia del Sinodo sulla famiglia è roba da grandi strateghi.
È una roba che se la Chiesa non si muove con tempestività e strategia, a breve, nelle parrocchie ci saranno più coming out che ceri votivi. E in fondo, sarebbe pure ora, perché se su Monsignor Krzystof photoshop funziona alla grande, sulla Chiesa serve con urgenza un aggiornamento. Nel frattempo, attendiamo Monsignor Krzystof col giubbotto di pelle dalla De Filippi. È solo questione di giorni.