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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Tanti viaggi, zero dollari: dopo due anni di peregrinazioni negli Stati Uniti del sindaco di Roma, il fondo aperto al contributo dei mecenati americani è ancora vuoto. In quanto ai 13,5 milioni di euro che Marino ha proclamato di aver «già portato a Roma», ben 6 non sono ancora stati stanziati, e i rimanenti sono stati procacciati da altri (tra cui Alemanno e Renzi). Per non parlare dei fantomatici petrodollari che gli avrebbe promesso un sultano arabo per il Mausoleo di Augusto, «fantasie cui non arrivò nemmeno Totò nel film in cui tentò di vendere Fontana di Trevi»

Sul conto di “Rome Heritage”, il fondo aperto al contributo dei mecenati americani che ha voluto il sindaco di Roma Ignazio Marino dopo lunghi viaggi americani, al momento non c’ è ancora un dollaro depositato. Se ne sta occupando una graziosa giovane, Ellena Fotinatos, dirigente della sezione americana della fondazione belga intitolata a Re Baldovino. Zero dollari su quel conto, zero ricavi per Roma in due anni di andirivieni negli Stati Uniti del suo sindaco. È falso dunque che le spese sopportate dai contribuenti romani per i viaggi compulsivi oltreoceano di Marino abbiano avuto come contropartita i fondi raccolti da facoltosi mecenati americani desiderosi di salvare l’ arte di Roma. Il sindaco aveva spiegato a Piazza pulita su La7 che la raccolta fondi è sempre stata lo scopo delle sue trasvolate oceaniche: «Ho portato a Roma già 13,5 milioni di euro», aveva detto piccato nell’occasione. Dagli Usa sicuramente non è arrivato nemmeno un dollaro, e quindi i viaggi sono andati sempre in bianco. Per altro l’unico strumento messo in piedi per questo scopo, il “Rome Heritage Fund”, oltre a non avere fondi depositati, è sostanzialmente sconosciuto a chiunque. Esiste, sì. La conferma ci è arrivata ufficialmente da Jean Paul Warmoes, direttore esecutivo della sezione Usa della Fondazione Re Baldovino. «Il Rome Heritage – spiega – è quello che noi chiamiamo un fondo per gli amici americani. Ne abbiamo 160 di questo tipo. In genere appartengono ad organizzazioni no profit europee ed africane con un’efficiente struttura fiscale, che cercano di raggiungere ex alunni o amici che risiedono negli Usa per chiedere un contributo». Come mai non esiste nemmeno una scheda del fondo di Marino? Warmoes assicura che la prossima settimana sul sito Internet della fondazione apparirà anche la creatura di Marino.
E i 13,5 milioni dichiarati dal sindaco in tv? Non hanno alcun legame con i suoi viaggi né in America né in altre parti del mondo, e al momento sono in gran parte virtuali. Ai suoi consiglieri comunali di maggioranza Marino ha affidato una tabellina con l’elenco dei fondi privati da lui raccolti, in modo che possano difenderlo in pubblico. Quando quelli l’hanno letta, hanno allargato le braccia disperati. E un po’ incazzati: i dati forniti non servono a nulla. Il totale è inferiore a quello strombazzato in tv: 13.167.313 euro. Quasi metà di questa somma è attribuita a una donazione di 6 milioni che la Fondazione Telecom avrebbe fatto al comune di Roma per restaurare il Mausoleo di Augusto. I 6 milioni non solo non sono stati incassati dal comune, ma al momento sono chiacchiera. Marino non ha ancora firmato con Fondazione Telecom l’accordo che ha già divulgato, e gli italianissimi mecenati (per bussare alla loro porta al sindaco basta una sgambata in bicicletta, con la pedalata assistita che predilige) non l’hanno presa benissimo. Vero che la Fondazione stava trattando con la soprintendenza alle Belle Arti per risollevare il Mausoleo di Augusto dalle condizioni pietose in cui lo lascia l’amministrazione comunale. Ma era una trattativa, con ipotesi di finanziamento pluriennale che tenesse presente l’attuale movimentazione di fondi della Fondazione Telecom (circa 7 milioni di euro l’anno). Difficile in un anno solo dare più di 2 milioni di euro. Insomma, Marino ha venduto la pelle dell’orso assai prima di averla in casa, e rischia di compromettere tutto grazie alla strumentalizzazione a fini personali di un’iniziativa che sarebbe stata applaudita dai cittadini romani. Non si è invece visto né un euro né un petrodollaro dall’Arabia saudita, come aveva promesso il sindaco nell’ aprile 2014, al solito per giustificare un viaggetto premio da quelle parti. «Una delle opere che più ha attratto il principe sultano è stata proprio il Mausoleo d’Augusto», rivelò Marino alla stampa estera l’8 aprile 2014. E aggiunse, sfiorando il grottesco: «Ho parlato con il principe sultano via whatsapp, mi ha detto che la bozza di accordo è all’attenzione del re». Fantasie cui non arrivò nemmeno Totò nel film in cui tentò di vendere Fontana di Trevi.
Tolti quei 6 milioni che non ci sono, ne restano 6,1. Di questo tesoretto vantato da Marino il contributo più alto arriva dalle romanissime sorelle Fendi, che si sono prese in carico il restauro della Fontana di Trevi e del complesso delle Quattro Fontane. In tutto 2 milioni e 480 mila euro. Ottimo, peccato che Marino con questa donazione c’entri nulla. L’ intesa con la soprintendenza di Roma è stata firmata dalle Fendi a fine gennaio 2013, e sindaco della capitale era Gianni Alemanno.
Altri due milioni arrivano dal magnate russo Alisher Usmanov, amico di Putin, che si è preso in carico il restauro di basiliche e monumenti. Non lo ha fatto per Marino: lo ha convinto un altro italiano, Giorgio Scarso, suo vicepresidente nella federazione internazionale di scherma. Infine un milione viene dall’Azerbaigian per il restauro della via Alessandrina. Anche in questo caso Marino non c’entra. Lo rivela la rivista ufficiale del governo atzero, che dedica un lungo articolo all’intesa del loro presidente con il premier italiano, Matteo Renzi. C’erano grandi affari comuni sul gasdotto, e quel milioncino in segno di amicizia per l’arte di Roma…