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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

A trent’anni da Sigonella, spunta una lettera inedita inviata a Craxi da un furioso Spadolini, allora ministro della Difesa (filo-americano e filo-israeliano), nel mezzo della crisi con gli Stati Uniti: «Ti comunico che il PRI non può aderire a nessun documento politico-parlamentare che in qualunque modo approvi la condotta seguita». Per evitare una crisi di governo dovette intervenire Cossiga

C’è, ancora – al di là degli eventi successivi che sbriciolarono la prima Repubblica – nel sentiment di chi visse il «caso Sigonella» (lunedì 7 ottobre 1985) anche solo di sguincio o sui libri di scuola, un che di epico. L’eco d’un orgoglioso colpo di lombi, che circonfuse l’allora premier Bettino Craxi -oppostosi a Ronald Reagan nella cattura dei terroristi dell’Achille Lauro- di quell’aura patriottica che oggi si presenta solo nelle grandi acquisizioni finanziarie o nelle partite della Nazionale. Nel trentennale di Sigonella, episodio che cambiò per sempre la politica estera italiana, ora lo storico Andrea Spiri, estrae un carteggio inedito tra l’allora ministro della Difesa Giovanni Spadolini filo-americano e filo-israelinao e Craxi, filo-palestinese, che lo bypassò nelle decisioni, fino a scavalcarne l’autorità. «Caro Presidente, in seguito alla conduzione delle fasi conclusive della vicenda dell’ “Achille Lauro”, e in particolare alla tacita ma evidente ripulsa della richiesta repubblicana di una consultazione di governo prima di assumere le decisioni relative alla partenza dei componenti dell’aereo egiziano presenti a Roma» scrive Spadolini in una lettera inconsuetamente feroce «Ti comunico che il PRI non può aderire a nessun documento politico-parlamentare che in qualunque modo approvi la condotta seguita: in quanto essa ha investito interessi politici e morali, che riguardano non soltanto i nostri rapporti internazionali, che ne sono risultati profondamente turbati, ma anche e soprattutto i fondamenti della lotta al terrorismo e, in essa, le funzioni della giustizia italiana (la magistratura inquirente non ha avuto il tempo e il modo di svolgere le sue essenziali funzioni)». Spadolini era incavolatissimo. Non solo Craxi aveva disattesa ogni richiesta del presidente Usa Ronald Reagan sulla consegna di Abu Abbas e dei terroristi palestinesi che avevano ucciso sulla Lauro l’ebreo americano Leon Klinghoffer (impressionanti i tre cerchi concentrici attorno all’aereo parcheggiato a Sigonella: avieri italiani circondati dalla Delta Force, a sua volta circondata dai carabinieri...). Ma il Presidente del Consiglio mandò a monte qualsiasi altro tentativo lecito e non dell’amministrazione Usa di violare la sovranità territoriale italiana, comprese le virate del caccia Usa F14 che tentò di interferire col volo dei prigionieri. La storia è stranota. Finì con gravi pene ai terroristi e col «negoziatore» Abu Abbas condannato all’ergastolo in contumacia dal Tribunale di genova. Sconosciuta era stata, finora, la reazione emotiva di Spadolini che scrisse a Craxi «Non ravviso conseguentemente l’opportunità di un Consiglio di gabinetto incaricato di gettare le basi di un documento cui noi comunque non potremmo aderire. Ti prego di credermi». La lettera è datata 14 ottobre 1985 (il 12 Abbas lascia l’aeroporto di Roma per Belgrado); la risposta di Craxi è immediata, il giorno dopo, scritta a mano, prega l’«amico Giovanni» di ripensare ad un’azione comune. Ma Spadolini non recede. La dialettica fra i due è incandescente. Il segretario del PRI non firma il documento comune della maggioranza sulla vicenda e, il 16 ottobre, ritira la sua delgazione dall’esecutivo. Una rottura all’apparenza insanabile che preannuncia l’ineluttabile crisi di governo. Se non fosse che – grazie alle rivelazioni di documenti desecretati dell’Archivio di Stato americano oggi in un libro Mondadori- intervenne Francesco Cossiga. Il Presidente della Repubblica, «suggerisce» agli americani una spinta su Spadolini per far rientrare la crisi. Lo stesso Spadolini, il 17 ottobre 1991, lo ricorderà in una lettera alla Stampa diretta da Paolo Mieli. Si rinsaldò anche il rapporto con Reagan grazie al pragmatismo di Henry Kissinger. Sigonella ebbe anche una ricaduta sul nostro diritto: con la legge costituzionale 1/1989 si offrì uno scudo al Presidente del Consiglio in caso di decisioni penalmente rilevanti giustificate dalla ragion di Stato. Ma ciò che rimane, oggi, è l’idea di un’Italia che allora sfoderò gli attributi...