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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

«Se vi ficcate lo smartphone nella tasca posteriore dei pantaloni, accertatevi di aver attivato il blocco!»: questo l’appello lanciato negli Stati Uniti dalla polizia. Il 20% delle chiamate che giungono al 911 partirebbero infatti inavvertitamente proprio dal fondoschiena. Si sta studiando persino la possibilità di multarle

Le chiamano butt dials, traduzione letterale: telefonate col culo. Sono quelle di cui sicuramente anche voi sarete stati destinatari. No, non parliamo di quelle ricevute da amici, nemici, estranei che, per ragioni più o meno solide, hanno la faccia come la suddetta zona anatomica. Intendiamo alla lettera: quando lo smartphone nella tasca posteriore viene sollecitato da movimenti involontari e parte una chiamata, spesso attivata dalla pressione di un solo tasto. Ma un conto è quando la butt dial colpisce voi, privati cittadini, e ci si può anche divertire a restare in ascolto per un po’, sentendosi un po’ come il pool di Milano ai tempi di Mani Pulite, con le loro intercettazioni ambientali. Anche se poi non è che si senta granché: passi, rumori di fondo vari, voci starnazzanti. Il problema è quando, come ha riportato ieri “Il Post” – a sua volta riprendendo un pezzo della rivista online “Slate” – le chiamate col culo, proprio in virtù del loro prodursi spesso con una rapida scorciatoia riservata ai numeri importanti, sono dirette al 911, che è il numero nordamericano unico per le emergenze, corrispondente al nostro 112. Dal 2011 al 2014, scrive “Slate”, le chiamate al 911 di San Francisco sono aumentate del 28 per cento. E il motivo non sta in un aumento di crimini, ma in un aumento di telefonate col culo. «Se vi ficcate lo smartphone nella tasca posteriore dei pantaloni, accertatevi di aver attivato il blocco!»: una raccomandazione a prima vista incomprensibile, e suscettibile di equivoci, se non fosse vitale, per il 911, ridurre quel 20 percento di telefonate involontarie e mute che l’hanno intasato nell’ultimo anno. Il 911 già è oberato, figurarsi poi quando l’operatore riceve una telefonata col culo. Possono passare molti, preziosi minuti (in media circa 2) prima che si renda conto che l’emergenza è dovuta a una chiappa, e non a una rapina. Non può mica buttare giù, come facciamo noi, dopo che al terzo «pronto?» ascoltiamo solo rumori ambientali, sperando di non ascoltarne di intestinali. Può essere successa qualunque cosa: che qualcuno abbia chiamato il numero d’emergenza e poi sia stato colpito e il cellulare gli sia caduto di mano. Allora l’operatore resta in ascolto, per capire se si sta verificando un danno a un cittadino, alla comunità oppure semplicemente alla sua intelligenza. E nel frattempo, se è solo una chiamata col culo, le vere emergenze restano in coda, dietro, dove invece dovrebbero stare, anche anatomicamente, le chiamate col culo. Non stupisce che ben il 40 percento degli operatori del 911 di San Francisco riferisca che la più grande rottura del loro lavoro sia decodificare le butt dials. Una situazione davvero degradante, cui si sta cercando di porre riparo. Già in Inghilterra la piaga delle telefonate col culo ai numeri d’emergenza è stata energicamente contenuta sollecitando il chiamante a digitare 55 nel caso che sia in linea, essendoci effettivamente un’alta improbabilità che un deretano, attivata la chiamata d’emergenza, riesca poi a digitare le due cifre. Di bei culi ce ne sono molti, ma intelligenti ancora nessuno. In America invece sono così innervositi che stanno pensando a multe, e certo sarà una vera onta ricevere una multa per aver effettuato una chiamata cob fondoschiena: potrebbe funzionare come deterrente. Ma venendo a noi e al nostro italianissimo «112»? Una ricerca in rete non ci ha dato notizia di particolari stati di sofferenza dei centralini dovuti alle chiamate col culo. Ma poiché dubitiamo che in Italia il fenomeno debba misteriosamente essere meno diffuso, forse è semplicemente più tollerato dai nostri operatori rispetto agli adrenalinici colleghi in servizio sulle strade di San Francisco.