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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Crisi del sindacato, nuovo Di Vittorio cercasi. «Non si può competere nell’arena globale con un sistema di relazioni industriali del secolo scorso»

Il mondo è cambiato tutto, viviamo i tempi di una crisi globale più lunga e profonda di quella del ’29, ma i riti della concertazione e il suo portato di negazione dei diritti veri, quelli del disoccupato e dei più deboli in genere, in casa nostra restano integri e vogliono chiuderci, per sempre, nei confini di un Paese immobile dove il lavoro vecchio sparisce e tutti rinunciano a creare quello nuovo. Non è più possibile accettare i veti di un sindacato che tutela solo i tutelati, vuole negare anche la speranza ai nostri giovani più preparati e, quindi, si rifiuta di discutere di contratti legati alla produttività, all’innovazione, a parametri certi e si rifiuta così di parlare di futuro e di nuova occupazione.
Non si può competere nell’arena globale con un sistema di relazioni industriali del secolo scorso. Un uomo nato alla fine dell’Ottocento, Giuseppe Di Vittorio, bracciante figlio di bracciante e leader storico della Cgil, rivelò nel dopoguerra un coraggio “eretico” che contribuì a porre le basi del miracolo economico italiano. Fece scelte audaci, a volte controcorrente, si ritrovò sempre a fianco nei momenti importanti di imprenditori come Angelo Costa e di uomini del fare del calibro di Pescatore, Menichella e Saraceno. Tutti insieme, con una politica che diceva come stavano le cose e prendeva le decisioni giuste, trasformarono in pochi anni un Paese agricolo di secondo livello in un’economia industrializzata.
Siamo certi che oggi Di Vittorio scuoterebbe la testa e maltratterebbe i suoi successori. Avere costretto alla rottura un imprenditore come Giorgio Squinzi che ha sempre creduto nelle relazioni industriali, vuol dire aver smarrito il senso della storia. Per riprenderne il filo, bisogna tornare a produrre ricchezza, le imprese devono fare sul campo la loro parte, ma serve il coraggio di un nuovo Di Vittorio e, in sua assenza, la forza di decidere.