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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Viaggio nella bottega più antica d’Italia. Tra salsicce e Lambrusco, i 400 anni della Premiata salumeria Giuseppe Giusti di Modena

Sulle travi ci sono ancora i ganci per appendere le mezzene dei maiali. C’è il buco nel pavimento che raccoglieva il sangue. Ad aspettare gli animali, all’ingresso di vicolo Squallore, dal 1605 in poi c’è sempre stato un “signor Giusti”. Un paio di giorni di lavorazione nel macello, poi le carni finivano sul bancone della “Premiata salumeria Giuseppe Giusti”, nella sala accanto, ma con ingresso nobile nell’attuale via Farini, vicino al Palazzo Ducale che fu degli Este (da qui il titolo di fornitore della Real casa) e oggi sede dell’Accademia militare. Lardo, salami, strutto, ciccioli e soprattutto salsicce, comprese quelle “fini”, con zafferano. Se le faceva mandare anche Gioachino Rossini, quando era a Firenze o a Parigi. «L’unico arredo moderno – dice la signora Laura – è il bancone. Ha appena cento anni».
Giuseppe e Giovanni i nomi dei Giusti che passano di padre in figlio da quattro secoli. Il primo Giovanni (per la precisione Givanni Ziusti o Justi) aprì la salumeria 410 anni fa non immaginando certamente che la sua “butega” sarebbe stata proclamata la salumeria più antica d’Italia. «Ma ci sono documenti – racconta la signora Laura – secondo i quali un Giovanni Giusti si iscrisse alla ‘Lista dei lardaruoli e salsicciari’già nel 1598: la nostra salumeria diventa così la più antica d’Europa». Per l’Italia, nessun dubbio. Nel Registro nazionale delle imprese storiche istituito da Unioncamere la Giusti risulta essere la prima azienda “per il commercio al minuto di prodotti alimentari” ad aprire i battenti nel nostro Paese, appunto nel 1605. Il “signor Giuseppe” è stato l’ultimo della dinastia dei lardaruoli e salsicciari. «Capelli bianchi, giacca e cravatta, camicia bianca e sopra un grembiule nero, la sua divisa. Nel 1980 – dice la signora Laura – ha lasciato il negozio a quello che era stato il suo ragazzo di bottega, Adriano Morandi detto Nano, che era mio marito. Ora siamo io ed i miei figli, Cecilia e Matteo, a portare avanti tutto. Ma ci sembra di vederlo ancora, il signor Giuseppe, che consiglia le signore da dietro il bancone, poi passa in laboratorio a controllare la qualità della salsiccia».
Il maiale era il re ma c’erano anche le oche. «A pochi passi da qui c’è la sinagoga e i Giusti inventarono allora ‘il salame con ricetta ecumenica’. Solo carne e grasso d’oca, per servire i clienti ebrei».
La bottega era frequentata solo dai cittadini, perché in tutte le case di campagna alla prima brina veniva macellato almeno un maiale. Lardaruoli e salsicciari fanno parte di una categoria ben decisa a difendere i propri interessi. Già nel 1596 scrivono al “Serenissimo sig. Duca” per denunciare che in troppi si mettono a lavorare la carne suina senza conoscere il mestiere. Per questo chiedono a detto Duca «che non si possa accettar nessuno nella detta arte che non sia nato nella Città, overo per 20 anni vi habbia habitato o sia figlio di salsicciaro». Sembra di leggere cronache di oggi. Non c’era nessuna “confezione”, sul bancone antico dei Giusti. Coltelli per tagliare prosciutti o fette di lardo, carta gialla per incartare la salsiccia. Il macello è stato chiuso agli inizi del ‘900 e in bottega sono apparse le scatole di caviale, i formaggi francesi assieme al “grana di forma buona”, gli amaretti e l’aceto balsamico. Nell’ex macello – la stanza con i ganci per il maiale – ora c’è l’Hostaria Giusti con appena quattro tavoli e ventiquattro posti. «La ricetta per lo zampone – dice la signora Laura – è sempre quella: 30% di gola, 30% di carne grassa, 30% di magra. E poi la cotenna. Preparo anche un antico piatto dei Giusti: il cotechino fritto con zabaione cotto. Chi viene da noi in bottega o nel piccolo ristorante vuole i piatti con ingredienti di primissima qualità. Il signor Giuseppe, per il marsala dello zabaione, si faceva arrivare le botti dalla Sicilia».
Anche la famiglia Giusti aveva una trattoria, a pochi metri dalla bottega, sempre in via Farini. «Abbiamo trovato un listino prezzi del 1854, con qualche sorpresa. Per un primo piatto e un secondo si spendevano 60 centesimi, ma per un ‘lambrusco fino in bottiglia nera’ si chiedevano 72 centesimi, più dell’intero pasto. Farsi pagare bene ma offrire il meglio, questa la scelta dei Giusti. E anche la nostra». Da quando il
New York Times ha raccontato la storia degli Ziusti o Justi diventati poi Giusti, arrivano anche dall’America, per entrare nella vecchia “butega”. C’è chi compra la mortadella in cotica o la luganega con vino rosso in budello di agnello. C’è chi, sotto l’antica insegna della “Premiata salumeria”, si accontenta di un selfie.