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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Casinò, torneo di bocce, zoo, gite, cene e feste: queste le attività dei vispi ultraottantenni membri dell’associazione «Vecchi ma mica morti» narrate da Hendrik Groen nel suo romanzo "Piccoli esperimenti di felicità". «Finché ci sono progetti c’è vita»

Cosa mai può succedere a un gruppo di ultraottantenni in attesa solo della morte? Cosa mai può succedere se non il passare delle stagioni? La neve che li costringe a non uscire, il freddo che li fa rintanare in camera, e poi la pioggia, la speranza del primo sole, e invece no: di nuovo neve, lungo letargo aspettando la primavera, quando potranno tornare in strada con girelli e carrozzine elettriche. Cosa mai può succedere a un manipolo di vecchietti le cui giornate sono scandite da pranzo, cena, e televisione?
Ce lo racconta Hendrik Groen, autore e protagonista di Piccoli esperimenti di felicità (traduzione di Giorgio Testa, Longanesi): può succedere che nella casa di riposo Tramonto, Amsterdam, qualcuno si ribelli e riprenda a fare progetti, perché «finché ci sono progetti c’è vita».
Nasce così il Club dei Ribelli, l’associazione dei Vecchi ma mica morti.
Otto anziani – Hendrik, Evert, Eefje, Graeme, Grietje, Edward, Antoine e Ria – che, come recita lo statuto dell’associazione, hanno il progetto di rendere più gradevole la terza età, mediante escursioni.
E allora casinò, torneo di bocce, zoo. Riunioni per decidere le gite, e cene, e festeggiamenti. Quello del Club dei Ribelli è un tempo tutto al presente, niente passato. E se si affaccia il futuro, genera curiosità, nient’altro. Come in Grietje, principio di Alzheimer, che riflette: «Fra un anno potrei di nuovo credere in Babbo Natale».
Il Club dei Vecchi ma mica morti è il corpo che si ribella alla vecchiaia, all’attesa di primavera. Facciamo avvenire le cose prima – come anticipare di due ore il capodanno, chi ci arriva più a mezzanotte – usciamo, Viaggiamo.
Hendrik Groen racconta questo risveglio collettivo, a cominciare dal suo: comprare una carrozzina elettrica, certo non come quella del Signor Hoogdalen, che il figlio garagista ha accessoriato di spoiler, gomme extralarge, Tom Tom, clacson, impianto audio con casse, airbag. Non come quella, ma comunque dignitosa, una Elégance 4 con cui scorrazzare per le strade. «Ho visto parti del mio quartiere dove non andavo da anni. È una gran liberazione non avere più il limitato raggio d’azione delle gambe», e poco importa se si finisca in mezzo ai cespugli, per guardare i conigli – venti, erano venti! – sul prato. Può succedere, succede. Come l’amore. Perché nel secondo tempo dell’esistenza, nella resistenza collettiva alla morte del Club dei Ribelli, accade anche l’amore: Hendrik e Eefje che si tolgono le scarpe e mettono i piedi in mare, tenendosi a braccetto.
L’amore che prende la forma della tenerezza, dei gesti minimi, dello stare semplicemente vicini, in silenzio.
Piccoli esperimenti di felicità è il diario di un anno, il 2013, dal 1° gennaio al 21 dicembre, un anno diverso dai precedenti: «Negli ultimi due anni – scrive Hendrik – questo vuoto è pian piano diventato insopportabile, ma ecco che... improvvisamente ho Eefje, Graeme, Grietje, Edward, Antoine e Ria. Torna prioritario l’obiettivo di non morire proprio adesso».
La priorità è il proprio adesso, al cospetto del quale passato e futuro sbiadiscono.
Proprio adesso è una lunga vacanza da vivere senza rimpianto di casa. Mentre a casa muore Margaret Thatcher, viene eletto papa Francesco, muore Nelson Mandela, e i giapponesi mettono sul mercato Paro, un robottino vestito da foca che tiene compagnia agli anziani.
Proprio adesso sono loro, i vecchietti del Club al parco ornitologico, con Edward che si entusiasma a tenere in mano un falco, e Grietje che perde l’orientamento solo due volte.
«Guarda laggiù, una cicogna!».
«Airone».
Non è giovinezza la loro, nemmeno vecchiaia. È una dimensione diversa, come i pesci rossi, unici animali permessi all’ospizio Tramonto. Tutti insieme uniti, i personaggi di questo libro creano una nuova età. Tutti insieme sommati, fanno una volontà, un entusiasmo, un corpo. E quando il corpo s’ammala – prima la gamba di Evert, poi l’Alzheimer di Grietje, infine l’ictus di Eefje – subentrano gli anticorpi, perché no, non è ancora la fine. E gli amici/anticorpi accudiscono, resistendo insieme alla morte. Morte che in questo microcosmo di gioiosa opposizione assume un significato diverso: «Abbiamo sentito la mancanza senza lasciare che l’umore diventasse cupo», dice Hendrik riferendosi alla morte di uno di loro. La morte rattrista – è l’amore perduto, è parte di sé – ma rimane il futuro, questo brevissimo futuro felice: «E dopo il viaggio devo fare ancora altri progetti. Finché ci sono progetti c’è vita».
Piccoli esperimenti di felicità, caso letterario in Olanda, esce in Italia. L’autore, Hendrik Groen, come il protagonista, è misterioso: vecchietto di una casa di riposo, giovane esordiente, scrittore affermato, chiunque sia, ci libera dei giovani, inventa una repubblica di vecchi che possono farcela da soli. Senza giudizio verso i figli inadeguati alla cura – non c’è tempo, né energia, l’ospizio è lontano, il parcheggio dei visitatori è aumentato di un dollaro – un racconto che ha l’effetto dell’affrancamento per chi la giovinezza l’ha già vissuta.