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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Ldd, il programma informatico che consente a tutti di progettare nuovi giochi Lego, è solo l’ultima diavoleria lanciata dalla storica azienda danese, che in pochi anni, dopo aver sfiorato il fallimento, ha saputo reinventarsi all’insegna del digitale. Dal buco da 188 milioni di euro del 2003 ai 4,7 miliardi di dollari fatturati nel 2014

C’è qualche nerd che lo chiama solo Ldd. Ma, se non avete come me un figlio-generazione-digitale, anche il nome per esteso, cioè Lego Digital Designer, non vi dirà molto di più. Ldd è un software liberamente scaricabile in Rete che permette di farvi provare uno dei lavori più belli al mondo, il progettista di giochi Lego. Per inciso è anche un mestiere molto ben pagato: i creativi dell’azienda danese prendono centinaia di migliaia di euro l’anno. Con Ldd potete creare il vostro gioco personalizzato comprando i pezzi che servono per costruirlo (il software produce anche il libretto delle istruzioni). Ma c’è di più: se la comunità vota il vostro progetto, la Lego lo produce e lo commercializza, riconoscendovi un forfait. Lego sta per «legt godt», «gioca bene» in danese. Ma dietro questo gioco c’è uno dei più seri modelli di business digitali di un’azienda tradizionale (la Lego nasce come falegnameria nel 1916 da Ole Kirk Christiansen, lo stesso che nel 1949 inventò i mattoncini). Non è sempre stato così. Fino a pochi anni fa la Lego era considerata una di quelle aziende devastate da Internet. Chi volete che voglia continuare a giocare con i mattoncini più famosi del mondo nell’era dei giochi digitali? Nel 2003 la società, ancora oggi della famiglia Kristiansen (che adottò decenni fa la K al posto del Ch del fondatore), chiuse con un buco di 188 milioni di euro e licenziò mille dipendenti. L’anno dopo la famiglia stessa, che non ha mai voluto sentire parlare di Borsa, ripianò il buco con il patrimonio personale. La Lego sembrava una di quelle aziende destinate a esporre il cartello: «Chiuso per Internet». E, invece, da allora è rinata grazie agli steroidi digitali della Rete e a un sapiente mix di produzioni cinematografiche per cartoni, film e storie animate che altro non fanno che risvegliare la voglia di comprare i mattoncini nelle versioni moderne. La cura chiamata physical-digital experience ha funzionato così bene che Lego è un caso mondiale e in molti sperano che non sia un’eccezione. Il fatturato 2014 è stato di 4,7 miliardi di dollari (per confronto quello della Mattel è stato di 6 miliardi). Solo nel 2009 navigava sotto quota 2 miliardi. È per questi motivi che ora tutti aspettano di vedere come andrà la nuova campagna vendite che Lego e Warner Bros stanno lanciando: una scatola da 100 dollari con oltre 300 mattoncini per costruire un controller da usare in un gioco per la Sony Playstation, la Xbox della Microsoft e la Nintendo Wii. Alla ricerca di una sottile linea rossa che permetta a un mondo di non cannibalizzare l’altro.