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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Facebook, la Corte europea di giustizia ha bocciato l’accordo sui trasferimenti dei dati personali degli europei negli Stati Uniti, perché non garantisce il diritto a un adeguato grado di privacy. Ora i cittadini europei possono rivolgersi alle autorità nazionali per bloccare il trasferimento dei loro dati. Max Schrems, lo studente austriaco di 28 anni che ha dato il via alla class action contro il colosso di Zuckerberg: «Questa è una vittoria per tutti. Dimostra che l’Ue si prende cura della privacy dei suoi cittadini a differenza di quanto fanno gli Usa. E traccia un limite oltre il quale non si può andare»

La Corte europea di giustizia di Lussemburgo mette un freno all’invadenza degli Stati Uniti sui dati personali dei cittadini europei. Gli eurogiudici hanno bocciato l’attuale sistema di trasferimento dall’Ue agli Usa detto Safe harbour (Approdo sicuro) – utilizzato dai giganti Usa di internet e da migliaia di imprese private – perché non garantisce il diritto fondamentale a un adeguato grado di protezione della privacy. Determinanti sono risultate le rivelazioni dell’ex agente della statunitense National security agency Edward Snowden sullo spionaggio di massa delle autorità Usa, che provocarono lo scandalo internazionale Datagate.
Dal punto di vista giuridico la sentenza della Corte di Lussemburgo ha reso «invalida» una decisione della Commissione europea di Bruxelles, che aveva considerato adeguato il livello di protezione Usa nel trasferimento dei dati personali dei cittadini europei con il sistema Safe harbour. Gli eurogiudici ritengono, invece, che «autorizza in maniera generalizzata la conservazione di tutti i dati personali di tutte le persone senza che sia operata alcuna differenziazione, limitazione o eccezione in funzione dell’obiettivo perseguito e senza che siano fissati criteri oggettivi intesi a circoscrivere l’accesso delle autorità pubbliche ai dati e la loro successiva utilizzazione».
Il caso è partito dalla sede Facebook in Irlanda, che accentra i dati dei cittadini europei e li trasferisce negli Stati Uniti. Uno studente di legge austriaco, Maximilian Schrems, richiamando le rivelazioni di Snowden sullo spionaggio Usa, si è rivolto all’entità della privacy irlandese, che ha respinto la denuncia rifacendosi al giudizio della Commissione europea.
Il caso è arrivato all’Alta corte dell’Irlanda, che ha chiamato in causa per competenza il tribunale comunitario, dove Schrems ha vinto. Il 28enne si è detto molto soddisfatto e ha raccolto consensi nei settori dell’Europarlamento (socialisti, liberali, sinistre, verdi) da tempo impegnati a contestare la Commissione europea su Approdo scuro. «Nel giugno 2013 e poi nel marzo 2014 abbiamo chiesto la sospensione immediata di Safe harbour perché non offriva garanzie sufficienti», hanno rivendicato gli eurosocialisti, ricordando scandali analoghi sull’invadenza degli Stati Uniti in Europa come «Echelon, Acta, Pnr, Swift, Prism».
Ora i cittadini europei possono rivolgersi alle autorità nazionali per bloccare il trasferimento dei loro dati. Facebook, Google e tante altre multinazionali dovranno cambiare le loro pratiche. La Commissione europea, dopo la bocciatura a Lussemburgo, dovrà ridurre le concessioni fatte agli Stati Uniti. Il suo vicepresidente olandese Frans Timmermans ha confermato che è iniziata la trattativa con Washington «per rendere più sicuro il trasferimento dei dati dei cittadini europei».
Facebook Europa ha comunicato che «è imperativo che i governi di Ue e Usa garantiscano di continuare a fornire metodi affidabili per il trasferimento legale dei dati e di risolvere tutte le questioni legate alla sicurezza nazionale». Il segretario del Commercio Usa Penny Pritzker ha espresso «profonda delusione» per la sentenza di Lussemburgo, ma si è detta pronta a lavorare con la Commissione europea «per affrontare l’incertezza creata dalla decisione della Corte». E già la prossima settimana si terrà una riunione straordinaria del garante Ue per la privacy con le 28 autorità nazionali.
Snowden si è congratulato con Schrems via Twitter, sottolineando che con questo risultato «siamo tutti più sicuri» e riconoscendogli di «aver cambiato il mondo in meglio».

Ivo Caizzi

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Mentre al quartier generale europeo di Facebook di Dublino le facce sono tirate, la voce di Max Schrems, studente austriaco di 28 anni che ha dato battaglia al colosso di Mark Zuckerberg, è quella di un uomo che ha vinto. «Questa è una vittoria per tutti. Dimostra che l’Ue si prende cura della privacy dei suoi cittadini a differenza di quanto fanno gli Usa. E traccia un limite oltre il quale non si può andare».
Qual è questo limite?
«Mi riferisco alla sorveglianza globale americana che si basa sull’uso di imprese private. Sono sicuro che non smetteranno con questa pratica domani: nella Silicon Valley hanno sempre pensato di poter fare in Europa ciò che volevano. Ma una Corte dice che privati e governi non possono prendere i nostri dati e farne quello che vogliono».
Facebook dice di non aver fatto niente di male...
«Queste sono s... Senza Safe Harbour (la norma sull’approdo sicuro dei dati sensibili che ha certificato 15 anni fa i rapporti di fiducia tra Bruxelles e gli Usa, ndr) i colossi del tech non possono più fare agire indisturbati. Questa è una sentenza contro di loro e saranno necessari cambiamenti anche nella legge Usa».
Ha iniziato a interessarsi alla privacy dal 2011, quando studente in legge passò un semestre all’università di Santa Clara, pie-na Silicon Valley. Ma è dopo le rivelazioni di Snowden che la sua class action ha acquisito forza. Vi siete scambiati tweet di ringraziamenti in pubblico. Vi siete sentiti di persona?
«No, ma gli sono grato per il suo coraggio. Le sue parole ci hanno fatto diventare più consapevoli e di far valere i nostri diritti. Dovremmo ringraziarlo, ci ha aperto gli occhi».
Cosa farà da domani?
«Mi chiedono tutti se scriverò un libro o farò un film. Credo che recupererò un bel po’ di sonno perso».
Marta Serafini