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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Il procuratore generale De Petris ha chiesto che sia liberato, anziché estradato in Tunisia, il 22enne marocchino Abdel Majid Touil, da quasi 5 mesi in carcere a Milano perché accusato da Tunisi di aver partecipato alla strage del Museo del Bardo (24 morti, tra cui 4 italiani, e 45 feriti). Dietro la richiesta, forti dubbi sull’effettivo coinvolgimento del ragazzo e il pericolo che in patria sia condannato alla pena di morte

Non estradare in Tunisia, e anzi liberare subito, il 22enne marocchino Abdel Majid Touil che da quasi 5 mesi è in carcere a Milano perché accusato da Tunisi di essere uno dei terroristi autori il 18 marzo della strage del Museo del Bardo a Tunisi nella quale furono assassinate 24 persone (tra le quali 4 italiani) e ferite altre 45: a sorpresa ieri la requisitoria del sostituto procuratore generale Piero de Petris cambia completamente il destino del 22enne arrestato il 20 maggio dall’Italia in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dalle autorità tunisine. E se ora nel giro di pochi giorni (come probabile) la competente V Corte d’Appello dichiarerà la non estradabilità di Touil in Tunisia, subito dopo dovrà rimetterlo in libertà, visto che l’unico titolo per questi 140 giorni di carcere a Opera è la richiesta di estradizione.
Totalmente sconosciuto ai pur attrezzati investigatori antiterrorismo italiani, e senza alcun legame con la galassia estremista, Touil fu rintracciato paradossalmente attraverso la denuncia di smarrimento del passaporto presentata dalla madre Fatima ai carabinieri di Trezzano sul Naviglio, e arrestato (appunto su richiesta della Tunisia) il 20 maggio nella casa dei familiari a Gaggiano, dove era giunto come irregolare da Porto Empedocle dopo aver riempito un barcone degli scafisti libici il 15 febbraio. Subito i giornalisti avevano colto l’incongruenza del quaderno di un corso di italiano a Trezzano che attestava (come raccontato dai familiari) che quantomeno il 19 marzo Touil fosse lì a un corso scolastico, e dunque non potesse essere a Tunisi il giorno 18 della strage, come sostenuto invece dalla Tunisia. Alle insorte polemiche politiche, il ministro dell’Interno Alfano aveva risposto: «Siamo l’unico Paese al mondo dove c’è un’opposizione che protesta perché è stato arrestato un sospettato di terrorismo, invece di dire che il sistema ha funzionato».
Il no della Procura generale all’estradizione si concentra ieri preliminarmente sul fatto che, mentre i reati di cui Touil è accusato in Tunisia sono puniti con la pena di morte, la convenzione bilaterale Italia-Tunisia non regola esplicitamente l’impegno di Tunisi a commutare l’eventuale condanna capitale in pena detentiva. In filigrana, inoltre, traspaiono i dubbi sulle due maggiori prove d’accusa prodotte dalle autorità tunisine: gli stessi che devono del resto aver indotto il ministero della Giustizia italiano a non chiedere di procedere contro Touil per l’omicidio dei nostri 4 connazionali, e le Procure di Milano e di Roma (che a Milano ha trasmesso l’iniziale fascicolo aperto per la strage degli italiani e per terrorismo internazionale) a non adottare sinora alcuna altra misura.
Non proprio granitico nelle modalità, infatti, appare il contesto del riconoscimento che due attentatori catturati hanno fatto in carcere, nella fotocopia di una foto, del volto di Touil come dell’uomo sconosciuto che in una piazza a Tunisi aveva consegnato loro alcune armi la mattina dell’attentato. E neppure risolutivi sono i tabulati telefonici tra un cellulare del giovane e altri attentatori. Quel cellulare ha infatti avuto tre diverse vite: nella prima ha contatti solo con familiari di Touil, nella seconda resta silente, nella terza ha in effetti contatti con terroristi. Ma la cesura intermedia corrisponde proprio al viaggio di Touil sul barcone degli scafisti libici che – racconta – gli trattennero cellulare e passaporto. Finiti poi, in questa lettura, ai reali utilizzatori in contatto con gli stragisti.