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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

«Rileggetevi i Promessi sposi. Hanno ancora molto da dire». Parola dello studioso manzioniano Nigro: «Manzoni è assolutamente attuale, forse perché è capace di mettere in scena anche i nostri difetti. Con il suo Azzecca-garbugli denuncia l’eccesso di leggi che moltiplicano la burocrazia e bloccano la giustizia. Descrive un Seicento che sotto la dominazione spagnola è retto dal potere delle lobby, proprio come oggi. Inventa una lingua letteraria, senza la quale non esiste un Paese né una nazione. Dobbiamo a lui la nostra identità»

«Prima di questa ristrutturazione nella casa ci si stava come ai tempi del Manzoni», osserva tra il serio e il faceto il professor Salvatore Silvano Nigro. Tra i massimi studiosi dell’autore dei Promessi sposi, mentre commenta la riapertura dello storico palazzo, dove lo scrittore visse dal 1813 fino alla sua scomparsa, Nigro ricorda che la dimora milanese con le raccolte di quadri e di volumi (circa 38 mila), per decenni, è stata lasciata in stato di abbandono: studenti ed esperti vi si ritrovavano con guanti e sciarpa in locali non riscaldati, tra infissi cadenti, reperti preziosi e tomi rari. «Non è un museo. È una casa officina», precisa il curatore dei Meridiani manzoniani. «Vi si lavora, tra l’altro, sulle nuove edizioni e ora finalmente è possibile visionare persino film e documentari. L’aver rimesso in piedi la residenza di via Morone non è solo un omaggio alla città e allo scrittore che, su un minuscolo tavolino vicino alla finestra, diede vita all’opera che portò il nostro Paese, privo di una tradizione romanzesca, all’altezza degli altri Stati europei. Questo palazzo-gioiello della memoria è centrale dunque anche per capire la storia della Penisola». 

In che modo?
«Vi si ritrovarono tutti coloro che scrivevano per il Conciliatore, il periodico soppresso dalla censura austriaca che incarnava lo spirito liberale e romantico. Manzoni aveva problemi di salute: usciva solo se accompagnato, soffriva di vertigini, era balbuziente. Per tutti questi suoi limiti non fu in prima linea nell’esperienza risorgimentale. Ma la sua abitazione fu una fucina di idee e di appassionanti iniziative. Vi approdarono Cavour, Garibaldi, Verdi e anche Stendhal e Balzac che, ospite di don Lisander, come veniva chiamato, gli suggerì pure di avviare un contenzioso per istituire il diritto di autore inesistente in Italia».
Un Manzoni politico dunque?
«Sì, che va rivalutato. Nei Promessi sposi, inoltre, palazzo Manzoni appare varie volte sotto forma metaforica e non solo. Per esempio, lo scrittore assistette inerme dal balcone di casa al linciaggio di Giuseppe Prina che era stato ministro delle Finanze. Alla caduta del Regno d’Italia con la fine del periodo napoleonico, il conte, reo solo di aver ricoperto quell’odioso incarico, fu massacrato dalla folla. Anche Renzo viene aggredito da una torma di assatanati che individua in lui un diffusore della peste e si salva salendo su un carro di cadaveri trasportato dai monatti. Da numerosi indizi di natura filologica si capisce che c’è uno stretto legame tra i due avvenimenti, quello reale e quello d’invenzione». 
Nonostante la sua grandezza iPromessi sposiè un libro che gli italiani non sembrano amare molto. Come mai?
«Hanno subito l’oltraggio della semplificazione scolastica. Sui banchi, per esempio, non si legge né si discute l’avvincente Storia della Colonna infame, parte integrante del romanzo, che descrive il processo svoltosi durante la peste del 1630 contro due presunti untori. Il suo modello letterario è stato seguito da narratori del calibro di Sciascia, Vassalli e Camilleri. Quest’ultimo ne ripercorre le orme ne La strage dimenticata e verrà a fine mese a parlare del suo rapporto con Manzoni». 
Cosa fare per riportare i lettori a questo capolavoro?
«Manzoni è assolutamente attuale, forse perché è capace di mettere in scena anche i nostri difetti. Con il suo Azzecca-garbugli denuncia l’eccesso di leggi che moltiplicano la burocrazia e bloccano la giustizia. Descrive un Seicento che sotto la dominazione spagnola è retto dal potere delle lobby, proprio come oggi. Leggiamolo e rileggiamolo perché è un libro piacevolissimo, a dispetto della polvere scolastica. Inventa una lingua letteraria, senza la quale non esiste un Paese né una nazione. Dobbiamo a Manzoni la nostra identità».