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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Il boom della pubblicità: 7 milioni 377 mila spot per un totale di 155 milioni di secondi di réclame, solo su Rai, Mediaset e Sky. Questi numeri superano di otto volte i risultati del 2010. Certo questa crescita esponenziale si spiega con il passaggio dalla televisione analogica tradizionale al digitale terrestre, che propone ormai molti più canali «ma la verità è che i secondi e gli spot si moltiplicano anche perché le emittenti televisive - in questi anni di gelo e crisi economica vendono spot anche al supermercato sotto casa»

Stavolta le televisioni hanno rotto il muro del suono. Hanno infranto ogni argine, hanno esagerato come mai prima. Lo dimostra un conteggio assai significativo per chi conosce le cose, le dinamiche della pubblicità. La società Nielsen calcola che Rai e Mediaset – nel 2008 – hanno venduto 18 milioni e 730 mila secondi di pubblicità. Se già vi sembrano tanti, pensate che i secondi di pubblicità (pochi anni dopo, nel 2014) superano quota 64 milioni. E quando il calcolo si allarga a Sky, ecco allora il muro del suono pubblicitario crollare davanti ai nostri occhi. Perché insieme i tre colossi della tv – Rai, Mediaset e Sky – trasmettono più di 155 milioni di secondi di réclame. Sono oltre 7 milioni 377 mila spot che, ogni anno, prendono la strada dei nostri televisori. In fila indiana, uno dopo l’altro.
Questa crescita esponenziale si spiega con il passaggio dalla televisione analogica tradizionale al digitale terrestre, che propone ormai molti più canali: sono 46 soltanto i nazionali. Pesa molto, ovvio, il ricco bouquet delle reti satellitari di Sky. Più canali, più spot. Normale.
Ma questa evoluzione tecnica non giustifica tutto. La verità è che i secondi e gli spot si moltiplicano anche perché le emittenti televisive – in questi anni di gelo e crisi economica vendono spot anche al supermercato sotto casa.
Il 27 febbraio – tanto per fare un esempio – si gioca una partita che certo non entrerà nella storia del calcio. Latina contro Trapani, nell’angusto stadio “Domenico Francioni”. Bene, nell’intervallo della gara Sky non si fa certo scrupolo di mandare la pubblicità di una piccola ditta di ristrutturazioni edili (di Trapani) e di un bar con autolavaggio di Latina, che sta lì, dimenticato lungo la Via Pontina. Tutto fa brodo.
Anche la Rai carica ogni cosa sul suo carro pubblicitario. Lo rivela il numero degli inserzionisti della televisione di Stato che – invece di calare, vista la crisi aumenta di molto. I clienti pubblicitari di Viale Mazzini erano 538 (nel 2012) e sono diventati 669 l’anno scorso (con una crescita di 131 unità). Per riuscire in questo miracolo della moltiplicazione dei pani, dei pesci e degli spot, la televisione di Stato va a pescare inserzionisti medi, piccoli e piccolissimi. Clienti che- per consuetudine, negli anni precedenti – finivano di diritto ad altri mezzi di comunicazione, come i giornali, il cinema, i cartelloni di strada, le radio, Internet.
Alla fine questa strategia di sopravvivenza dà qualche risultato. Tra il 2012 e il 2014- in piena conclamata recessione per il mercato degli spot – l’intero settore della televisione accusa una perdita di 407 milioni. Una slavina. Ma la Rai – vestiti i panni di Dracula, indifferente alle sorti degli altri media – registra solo una piccola frana interna. Meno 60 milioni di incassi, il che significa limitare i danni alla grande.
Adesso il nuovo direttore generale della televisione di Stato Antonio Campo Dall’Orto incoraggia la concessionaria interna (Rai Pubblicità) a correggere la sua strategia. La parola d’ordine è aumentare i prezzi degli spot, in modo da catturare gli inserzionisti naturali della tv (quelli medi, grandi o grandissimi). La parola d’ordine è anche «incrementare la marginalità», cioè la redditività che un singolo spot procura alle casse aziendali (al secondo). Se nel 2008, la redditività di uno spot sfiorava i 340 euro, nel 2014 il valore si è prosciugato fino a una cinquantina di euro. Normale se vendi la pubblicità al supermercato sotto casa.