Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Roma può fare meglio di Berlino. Lo dice l’Fmi. Ma a rallentare l’economia mondiale ora ci pensano gli emergenti: i peggiori sono India, Russia e Brasile

L’economia mondiale è come un enorme sistema di vasi comunicanti. Ieri erano pieni quelli dei mercati emergenti, si cantavano le magnifiche sorti progressive dell’acronimo “Brics”, si raccontava la crisi irreversibile del vecchio mondo industrializzato. Ora il mondo si è rovesciato, o quasi. L’economia mondiale rallenta, ed è il peggiore calo congiunturale da sei anni a questa parte. Ma la colpa stavolta non è degli Stati Uniti, dell’Europa o del Giappone. A trascinare al ribasso le stime di crescita del Fondo monetario internazionale sono le economie che fino a ieri facevano correre il treno. «Sei anni dopo la ripresa dalla peggiore recessione dal Dopoguerra, non c’è il ritorno ad una robusta espansione globale». Rispetto alle ultime previsioni di luglio, il World economic outlook ha abbassato le stime di due decimali, al 3,1 per cento. Vanno peggio del previsto tre dei quattro “Brics” ovvero India, Russia e Brasile. Ma se l’economia indiana continua a crescere più del sette per cento l’anno, le altre due vanno malissimo: il Brasile quest’anno perderà il tre per cento del Pil, il doppio di quanto il Fondo non preventivasse a luglio. La Russia avrà una contrazione del 3,8 per cento, quattro decimali in più dell’ultima stima. A sorpresa invece tiene l’economia del Dragone, che quest’anno crescerà del 6,8 per cento, e del 6,3 nel 2016. 
Chi va controcorrente è l’economia italiana: secondo gli esperti del Fondo chiuderà il 2015 a +0,8 per cento, il 2016 a +1,3. Siamo sotto le stime del governo (+0,9 e +1,6) ma sono numeri di un decimale superiore a quelli dello scorso luglio. Fra i Paesi industrializzati, la previsione al rialzo (e solo nel 2015) è stata riservata a Stati Uniti e Gran Bretagna. Intendiamoci: siamo ancora dietro la Francia (+1,2 per cento), la Germania (+1,5) e di gran lunga sotto il +3,1 per cento del Pil spagnolo. Eppure erano anni che l’Italia non vedeva numeri così. Come è possibile tutto ciò? È il miracolo di Renzi? Una congettura figlia degli zero virgola, ovvero di scarsissimo valore? Si possono avanzare tre ipotesi. 
La prima: all’inizio dell’anno il Tesoro è stato particolarmente prudente nel formulare le proprie stime. Poiché esse influiscono su quelle degli organismi internazionali, ora si porta a casa il risultato. Secondo: quelli che altrove sono fattori negativi (il calo dei prezzi nelle materie prime) diventa un fattore di vantaggio per un Paese che di materie prime non ne ha mai prodotte granché. Terzo: l’Italia, come del resto Francia e Spagna, si avvantaggia più di altri del programma di acquisto di titoli da parte della Banca centrale europea e dal calo dell’euro.
Quanto durerà? È una ripresa solida? L’Italia «è tornata», come dice Renzi? Gli esperti del Fondo dicono che si «può fare di più», anzi è «possibile che l’Italia possa crescere più della Germania», dice Thomas Helbling del dipartimento di ricerca. 
Gli esperti di Washington insistono perché Berlino investa di più, soprattutto in infrastrutture di qualità. E all’Italia consigliano di procedere con le riforme. La disoccupazione sarà ancora inchiodata al 12,1 per cento alla fine di quest’anno e all’11,9 nel 2016. Il Jobs Act è stato un grande passo avanti, ma occorre fare di più, molto di più. «Per una performance migliore bisogna aumentare la produttività, che richiede un miglioramento della pubblica amministrazione, una riduzione del peso della burocrazia sul settore privato, migliori condizioni per le piccole e medie imprese». Nulla di nuovo sotto il cielo. La strada è lunga, meglio evitare di addormentarsi sugli allori.