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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Il caso di don Gino Flaim, l’anziano sacerdote che giustifica i pedofili ma condanna l’omosessualità. «Purtroppo ci sono bambini che cercano affetto, perché non ce l’hanno in casa. E magari se trovano qualche prete, può anche cedere. Se mi cacciano? Andrò a dire Messa al bar»

«La pedofilia posso capirla, l’omosessualità non lo so». Ecco le parole pronunciate da don Gino Flaim, anziano sacerdote trentino che poi ha aggiunto: «Penso che l’omosessualità sia una malattia». Parole che hanno creato scandalo all’interno del mondo cattolico e politico italiano, affidate ai microfoni di una trasmissione televisiva di La7. I giornalisti erano giunti a Trento cercando di contattare il padre superiore del convento dei Venturini, il luogo di cui si è occupata lunedì Repubblica, dove giungono da tutta Italia preti “in difficoltà”. Poi hanno bussato alle porte di don Gino Flaim, 75 anni, collaboratore della parrocchia di San Giuseppe a Trento dopo una vita nelle parrocchie di tutto il Trentino. E lui ha raccontato la sua visione dei sacerdoti, della pedofilia e dell’omosessualità a pochi giorni dal coming out di monsignor Krzysztof Charasma e proprio mentre è in corso il Sinodo sulla famiglia: «Sono stato tanto a scuola e i bambini li conosco. Purtroppo ci sono bambini che cercano affetto, perché non ce l’hanno in casa. E magari se trovano qualche prete, può anche cedere. E lo capisco questo».
Le reazioni sono immediate. Il deputato trentino Riccardo Fraccaro (M5S) chiede subito alla Curia di intervenire. E la Curia prima si dissocia, poi gli revoca l’incarico di collaboratore pastorale e la facoltà di predicazione. La nota diffusa nel pomeriggio è stata dettata dall’arcivescovo Luigi Bressan: «La Chiesa di Trento si dissocia pienamente dalle dichiarazioni rilasciate da un anziano prete diocesano all’emittente televisiva La7. Egli, interpellato dalla cronista in un contesto del tutto casuale, ha espresso argomentazioni che non rappresentano in alcun modo la posizione dell’Arcidiocesi di Trento e il sentire dell’intera comunità ecclesiale».
Arrivano anche le reazioni politica. Prima dal Trentino e poi da tutta Italia: «Inaudito» per Sandra Zampa (Pd), «disgustata» Barbara Saltamartini (Lega), «assurdo» per Edoardo Patriarca (Pd).
Nella parrocchia di Trento la messa del pomeriggio salta, le parrocchiane sono stupite e incredule: «È una brava persona – dicono – tranquillo». Ordinato nel 1966, nei cinquant’anni passati nelle parrocchie trentine don Gino Flaim aveva raccolto qualche lamentela per il suo carattere burbero, per le sue difficoltà di relazione. Brusco con le persone, esperto con i computer: ha un sito internet personale e un account Facebook, proprio quello dove ieri ha ricevuto proteste e accuse sdegnate da tutta Italia.
 
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«Ma che ho detto di tanto grave?». Don Gino Flaim, 75 anni, non sa ancora che le sue parole sui preti e la pedofilia hanno sconcertato l’Italia, che la Curia di Trento si è dissociata dalle sue dichiarazioni, che gli hanno revocato l’incarico di collaboratore pastorale e addirittura la facoltà di predicare in chiesa. È chiuso nella sua abitazione al primo piano della canonica di San Giuseppe, l’ultima di tante parrocchie in cui è stato nelle valli del Trentino, le tapparelle abbassate e le tende tirate: fuori ci sono le telecamere e alcuni giornalisti che lo attendono, il campanello suona in continuazione.
Don Gino, le sue parole sui preti pedofili hanno sconcertato tutta l’Italia.
«Dite? Non lo so, non me ne sono reso conto. Adesso sono qui davanti al computer a cercare di capire che cosa hanno trasmesso. Ma si sono presentati alla porta, non mi hanno nemmeno messo il microfono, ho detto solo poche parole, se ho detto qualcosa di grave l’ho detto senza saperlo».
Ha detto che giustifica i preti pedofili?
«Ho detto che li capisco, non che li giustifico. È molto diverso».
Ha detto che il problema sono i bambini che cercano affetto.
«È vero, ci sono certi bambini che cercano affetto e se non lo trovano in famiglia lo trovano altrove: l’ho detto e lo ribadisco. È qui che cascano gli educatori. C’entra con tutti, non solo con i preti. Se gli educatori non sono come si deve sono i primi pedofili. Con alcuni bambini gli educatori sono i primi che ci cascano. Ma non li giustifico. Sono pienamente d’accordo con quanto ha detto Papa Francesco, sulla sua condanna verso certi atti. Lo sa che in una parrocchia avevamo problemi a organizzare il campeggio perché c’era un educatore che voleva solo stare vicino ai bambini? Ma io non l’ho accettato».
Che pensa della pedofilia tra i sacerdoti?
«Io dico che qualche prete pedofilo ci può essere, non mi meraviglio. Ma non li giustifico. La pedofilia è una malattia, ecco cos’è. Bisognerebbe parlarne con un medico. La Chiesa deve aiutare questi peccatori, occorre misericordia. Poi, ovvio che se uno fa il parroco magari, va allontanato dalle sue funzioni».
E l’omosessualità?
«È un problema che non conosco. Non capisco tutto questo clamore».
Non ha letto nei giorni scorsi la notizia del coming out di monsignor Charamsa proprio nei giorni del Sinodo?
«Ho visto i titoli, ho saputo della vicenda ma devo dire che non ho letto i giornali».
La Curia le ha revocato l’incarico e la facoltà di predicare in chiesa.
«Non lo so. Non ho parlato con nessuno. So solo che non mi hanno fatto dire la messa delle 17. Mi hanno detto di andare in Curia di corsa, il diacono mi ha detto che ho rovinato la Curia trentina. Ma come faccio ad andare lì di corsa, ho 75 anni. Che vengano loro. Domattina vorrei ugualmente celebrare la messa, come ogni giorno. E se non potrò farlo dirò la mia predica al bar, dove la gente mi conosce, mi ascolta e non ho mai dato scandalo. Non so cosa succederà ora, oltre che qui in canonica non saprei dove andare».
Si è chiesto perché la giornalista televisiva che era andata sulla collina di Trento a cercare il superiore dei padri Venturini (intervistato domenica da Repubblica) poi ha bussato proprio alla sua porta per chiederle un parere sui preti pedofili e omosessuali?
«Questo non me lo spiego. Avranno bussato a tutte le canoniche di Trento e non avranno trovato nessun altro».
Per le sue dichiarazioni si è ritrovato in una vera bufera.
«Ho visto, ho dovuto spegnere il telefono, non posso aprire la porta, ma mi mandano messaggi su Facebook. Ma sa che le dico? Quando ero giovane un vecchio sacerdote mi disse di andare sempre dritto per la strada principale, senza nascondersi. E così ho fatto anche questa volta. Pazienza, è stato messo in croce anche Gesù Cristo».