Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Le guerre parallele di Stati Uniti e Russia: il complesso stato dell’arte nella lotta all’Isis (che in realtà non sembra il primo obiettivo per tutti)

Sono guerre parallele. Gli Stati Uniti, con gli alleati, contro lo Stato Islamico. La Russia, assieme al regime, contro i ribelli anti Assad e ogni tanto contro l’Isis.
Le operazioni portano i rispettivi aerei molto vicini in termini aeronautici: circa 30 chilometri. Da qui il ripetersi di dispetti. Ieri 8 jet turchi sono stati «illuminati» dal radar di un caccia siriano, ossia la simulazione di un attacco. Episodi che hanno spinto il presidente turco Tayyip Erdogan ad ammonire Mosca: «Rischiate di compromettere un’amicizia. Stiamo perdendo la pazienza». Toni forti, sostenuti anche dalla Nato che considera questi atti non errori ma gesti voluti. E dunque inaccettabili. Anche se adesso si tenta di trovare una soluzione.
Mosca ha annunciato che si sta lavorando al meccanismo di collaborazione con gli Stati Uniti, procedure studiate per prevenire guai. Una dichiarazione in risposta alle accuse del Pentagono di aver rifiutato il dialogo su questo punto delicato. Contemporaneamente i russi hanno mandato una delegazione in Israele con lo stesso obiettivo e offerto alla Turchia un dialogo per disinnescare una situazione piuttosto pericolosa. In attesa F16 e Sukhoi hanno proseguito le loro evoluzioni in uno spazio ristretto.
La Russia ha condotto 20 raid sulle posizioni degli insorti e sull’Isis ad al Bab e Deir Hafer. La tv siriana ha parlato anche di Palmira provocando l’irata reazione da Mosca: «Sono bugie diffuse dai media occidentali». Ma dovrebbero prendersela con l’emittente di Assad che ha sparato la notizia. Il comando ha poi accusato gli oppositori di nascondersi nelle moschee, addebito classico nei conflitti mediorientali.
Andando oltre la mappa, però, è chiaro che il Cremlino prosegue nel suo piano. Fonti statunitensi sostengono che truppe russe, con artiglieria e lanciarazzi a lunga gittata, si sono mosse verso Homs e Idlib. Spostamenti in vista di una probabile offensiva terrestre che coinvolgerà formazioni che poco hanno a che vedere con il Califfo. Anzi. Attesi sviluppi nella regione di Quneitra dove gli insorti hanno conquistato terreno. E di nuovo qui non c’è l’Isis.
Washington ha anche rimarcato come, nelle prime ondate di incursioni, i russi abbiamo tirato contro formazioni addestrate dagli americani. Missioni specifiche. E qui va aperta una finestra. È chiaro che gli Stati Uniti hanno sostenuto un numero maggiore di gruppi ribelli, ben oltre l’ormai famosa Divisione 30, il contingente di circa 140 insorti messi insieme dal Pentagono e finito malamente. Della prima spedizione sono rimasti in 14, della seconda si sa che ha ceduto parte dei mezzi ai qaedisti di al Nusra per garantirsi il passaggio in Siria.
La realtà è più complessa. Cia e militari hanno sviluppato programmi multipli e separati. Alcuni gestiti direttamente, altri in tandem con turchi e giordani. Scelta naturale ma anche legata alle «competenze». Generali e intelligence collaborano nella caccia all’Isis con droni e forze speciali, però coltivano i loro interlocutori locali.
Tutto questo ha portato ad assistere nuclei di guerriglieri ai quali hanno fornito missili anti tank Tow, armi diventate una minaccia seria per i governativi. Con un dato comune imposto dalla Casa Bianca: attenzione a chi scegliete. Ed ecco il freno nel reclutamento insieme alle proteste di quei settori del Congresso che invocano un coinvolgimento più deciso.
Alla fine, con un budget ufficiale di 500 milioni di dollari (ma ci saranno di sicuro altri fondi), gli Stati Uniti hanno messo insieme qualche unità. La prova l’hanno data i rivali russi con le loro incursioni.