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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Intanto, secondo Nato e Pentagono, la Russia pensa di schierare anche truppe di terra. E le incursioni nei cieli turchi più che un incidente, sembrano avvertimenti con cui Mosca e Damasco vogliono intimare alla Turchia di cessare il sostegno ai ribelli anti-Assad nella provincia di Idlib

Truppe di terra in Siria, sconfinamenti aerei in Turchia e la possibile estensione dei raid all’Iraq descrivono un allargamento delle operazioni militari del Cremlino in Medio Oriente a cui la Nato reagisce alzando il tono della polemica, genesi di un duello a distanza con Mosca che vede Ankara esposta in prima linea.
È il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a parlare di «truppe di terra russe collegate con la loro base aerea» nella cornice del «sostanzioso schieramento di forze in corso». In questa maniera la Nato dà risalto alle dichiarazioni dell’ammiraglio Vladimir Komoyedov, capo della commissione Difesa del Parlamento a Mosca, secondo il quale «volontari russi potrebbero combattere in Siria» anche in assenza di un’approvazione formale del Cremlino come avvenuto in Crimea nel 2014. 
L’opzione «volontari»
I portavoce del Cremlino, Smitry Peskov, e del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, smentiscono: «Niente truppe di terra» e «nessun invio di volontari». Ma fonti del Pentagono danno sostanza alle affermazioni di Stoltenberg: «Vi sono almeno 800 soldati di terra russi già in Siria» nell’ambito di un contingente di 1.400 uomini la cui missione è far volare 28 jet Sukhoi. I Marines del Mar Nero appartengono, spiega l’analista Jeffrey White, alla 810ª Brigata di fanteria navale di Sebastopoli e alla 363ª Brigata di fanteria navale. Al momento sono impiegati per proteggere le basi russe sulla costa alawita – Latakia e Humaymin – ma possono rapidamente trasformarsi in consiglieri dell’offensiva di terra che Damasco prepara, grazie al continuo arrivo di truppe iraniane e Hezbollah. 
L’opzione dei «volontari» resta valida perché Ramzan Kadyrov, capo della Repubblica cecena russa, dice alla radio di essere «pronto a mandare i miei uomini contro i terroristi islamici, se Putin me lo chiederà». Tantopiù che, secondo Interfax, guadagnerebbero «50 dollari al giorno».
Mettendo l’accento sulle «truppe di terra» Nato e Pentagono fanno capire di non credere alla versione di Vladimir Putin sulla «guerra aerea al terrorismo» nello stesso in giorno in cui Bruxelles e Mosca duellano sugli sconfinamenti aerei. 
Violazione di spazi aerei
La tesi dei comandi russi sull’«errore causato dal maltempo» che sabato ha portato un Sukhoi a violare lo spazio aereo turco non convince Stoltenberg: «Non sembra un incidente perché è durato a lungo» e dunque Mosca «non ha fornito una reale spiegazione». A rafforzare tale interpretazione arrivano le rivelazione di Ankara su altri due episodi: domenica un Mig-29 siriano ha «illuminato» sei F-16 turchi «per 5 minuti» e domenica batterie anti-missile in Siria hanno «agganciato» jet turchi «per 4 minuti e mezzo». Più che incidenti sembrano avvertimenti con cui Mosca e Damasco vogliono intimare alla Turchia di cessare il sostegno ai ribelli anti-Assad nella provincia di Idlib. Recep Tayyp Erdogan, presidente turco, avverte Putin: «Attaccare noi significa attaccare l’intera Nato, se la Russia perde un amico come la Turchia, con cui coopera su molti terreni, ha molto da rimetterci». Stoltenberg gli dà manforte: «Le violazioni russe sono inaccettabili».
Ma ciò che conta per Putin è procedere nelle operazioni militari, estendendo al contempo la propria presenza in Medio Oriente. I raid dei Sukhoi si intensificano – descritti ogni mattina dai bollettini della tv Al Manar di Hezbollah – mentre il vicecapo di Stato Maggiore Nikolai Bogdanovsky arriva a Tel Aviv per inaugurare la cellula di «coordinamento militare» con gli israeliani e a Baghdad i partiti sciiti chiedono al governo di «invitare i russi a colpire i jihadisti di Isis» aprendo «in fretta» ai jet di Putin anche i cieli dell’Iraq.