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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

Questi pazzi viaggiatori: breve catalogo dei vizi e delle manie di chi prende il treno, l’aereo o l’automobile

La mente dei viaggiatori è strana. Prendiamo quelli da aeroplano, hanno una serie di vizi, anche dettati dalla paura, che non accennano mai a diminuire. Fateci caso: appena si spegne il segnale luminoso per le cinture, scattano tutti in piedi e vagano per l’aereo alla disperata ricerca della toilette, che per l’appunto non è così difficile da trovare. Gli uomini soprattutto. Le donne, invece, si fiondano sulla cappelliera per il loro bagaglio a mano. Non hanno nulla da prendere, ma aprono lo stesso la valigia. È un gesto nervoso, che gli assistenti di volo conoscono ormai a memoria. Ma il massimo si raggiunge una volta toccata terra e in vista della stazione aeroportuale.
L’assistente di volo, pazientemente, invita i passeggeri a non alzarsi fino a quando il solito segnale luminoso non sarà spento. Manco per idea: appena l’aereo accenna a fermarsi, sono già tutti pronti a scendere. Si prendono anche a calci. Ci sono persone che pur di non attendere il turno seduti al loro posto si contorcono, ma devono essere pronti a scendere. Per andare dove? Da nessuna parte. L’importante è scendere. Anche perché quelli che arrivano da un lungo viaggio li trovi tutti al nastro dove si ritirano i bagagli, e sanno che scendere per primi non vuol dire che il tuo bagaglio arriva subito.
Diverso è il viaggiatore da treno. Tratta Firenze Santa Maria Novella-Bologna Centrale. Viaggio 35 minuti, ma non importa: chi sale ha fame. E non gliene importa niente se per libagioni e cibo c’è la carrozza ristorante (e ci sarà anche un motivo) loro si sono fermati da Mc Donald’s e aprono il sacchetto puzzolente, ingurgitano un doppio cheeseburger con cetriolo, scolano la birra e mollano anche il ruttino. Poi, anche loro, dopo una telefonata che può ascoltare benissimo anche il macchinista, colti dalla sindrome di dover toccar terra, si avviano verso l’uscita. Prendono il bagalio, in genere sono trolley rigidi grandi che dentro ci puoi nascondere un cadavere, e via.
Si piazzano alla porta. Con un piccolo problema: la vescica di quelli che restano a sedere. Perché, a differenza del volo, in genere breve, sul treno passi delle ore e può capitare di dover raggiungere la “ritirata”. Niente da fare. L’ingresso è ostruito dalla valigia col cadavere, bambini che strepitano, nonni che cadono a terra per la stanchezza. Ma non siamo ancora arrivati? Evidentemente no. Se ti alzi in piedi a Parma e devi scendere a Milano più o meno servono ancora tre quarti d’ora.
A quel punto se la prendono con l’alta velocità, i ritardi, quasi mai con il governo, perché tanto ormai non ci sperano più neanche loro.
Voi prendete tutti questi ossessionati dal viaggio e metteteli alla guida di un’auto: il risultato lo conoscete bene. L’autostrada è un posto infernale, ma la colpa non sempre è del “stiamo lavorando per voi”, ma della sindrome da arrivo e subito. Tanto non si scappa. E sai benissimo dove trovarli: alla cassa dell’Autogrill dove hanno appena acquistato un elicottero radiocomandato per il figlio, che magari ha 30 anni suonati, o il puzzle per la nipotina di 6 mesi: “Se lo troverà quando è grande”.