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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

Uomini violenti contro le compagne, a Modena il primo centro pubblico italiano per aiutare quelli che vogliono smettere. In quattro anni già 166 i casi trattati. «Qui uno dei principi base è: questi non sono uomini malati. Il raptus non esiste. Ci si può fermare: guardarsi negli occhi, dire sì, sto diventando violento, voglio cambiare, e mettere giù le mani»

«Mi è scappata la mano, l’ho aggredita». «L’ho minacciata con il coltello». «Ieri le ho messo le mani addosso e l’ho presa per i capelli». Matteo, libero professionista, 47 anni. Luca, impiegato, 33 anni. Il terzo è un messaggio anonimo in segreteria: «Avrei bisogno di fare delle sedute con voi». Aiuto: chiedono aiuto questi uomini che odiano le donne ma che non vorrebbero. Uomini che picchiano e soffrono. Che vogliono fermare le mani. Centosessantasei in quattro anni. Non chiamateli mostri, ci spiegano gli psicologi che li seguono: «La violenza fa parte della vita. Bisogna solo ammetterla e correggerla». Vederla, soprattutto. Smettere di minimizzare: «Le ho dato qualche ceffone, lei se ne meriterebbe di più», dice un operaio cinquantaquattrenne, Tiziano, tre figli. Alcuni non si rendono proprio conto, non si vedono uomini violenti. Altri hanno orrore di sé. E proprio da questo sentimento di profondo disgusto iniziano a guardarsi allo specchio: «Per me è molto difficile essere qui e raccontare quello che ho fatto... Mi vergogno», racconta Sergio, operaio, due figli. È l’inizio.
CHI E PERCHÉ
Centoventicinque uomini trattati. Quarantuno attualmente in terapia. Trentotto fuori, che hanno finito il percorso. Sedici che hanno mollato lungo la strada. Diciotto non sono tornati dopo il primo colloquio. Altri 18 sono stati giudicati non convinti di voler cambiare. Dodici sono stati indirizzati ad alti professionisti per curare forme di dipendenza. Siamo nel centro «Liberiamoci dalla violenza» di Modena, il primo in Italia nel settore pubblico dove si curano gli uomini violenti. Curare è una parola inesatta. Qui uno dei principi base è: questi non sono uomini malati. Il raptus non esiste. Ci si può fermare: guardarsi negli occhi, dire sì, sto diventando violento, voglio cambiare, e mettere giù le mani. Questo si insegna a Ldv (Liberiamoci dalla violenza), aperto nel 2011 nella sede Ausl di viale Don Minzoni 121. Lo spazio è circoscritto per garantire riservatezza assoluta: il venerdì pomeriggio, dalle 13.30 alle 17.30. Per un appuntamento si può chiamare il numero telefonico 366.5711079 o scrivere all’indirizzo email ldv@ausl.mo.it. Il servizio è completamente gratuito. La prospettiva qui è ribaltata. Si prende la violenza prima che esploda, se ne intercettano i meccanismi.
BOTTE E ACIDO
Donne prese a botte, sfregiate con l’acido, tormentate, uccise. Una ogni due giorni muore per omicidio. Più della metà avevano segnalato le violenze, una su tre aveva lasciato il partner. Le campagne a favore delle donne maltrattate stanno incoraggiando la comunicazione, l’apertura all’esterno: sono aumentate di cinque punti percentuali le denunce, e i contatti ai centri di ascolto sono passate dal 2,4 al 4,9%. Solo nella provincia di Modena arrivano ogni giorno nei pronto soccorso due donne vittime di violenza. Sono proprio gli ospedali, spiega la responsabile di Ldv, Monica Dotti, il luogo che «più di ogni altro ambito vede donne vittime di maltrattamenti». Più delle forze dell’ordine e dei servizi sociali. Per questo già da tempo era partito a Modena un progetto di formazione per gli operatori dell’emergenza, oltre che nelle scuole. Poi il salto: salviamo le vittime ma proviamo ad aiutare i carnefici.
IL TERMOMETRO DELLA RABBIA
Il punto di partenza per chi deve occuparsi dell’anima nera degli uomini è non demonizzarli. Insegnare che la rabbia è di tutti, ma trasmettere tecniche per identificarne tutte le sfumature. I gradi della rabbia. Perché c’è una temperatura, come quando sale la febbre. E l’importante è saperla misurare. «Allo sportello gli uomini arrivano spesso quando c’è stato un episodio un po’ più violento», spiega uno dei tre psicologi, Paolo De Pascalis.
«La mia compagna si è spaventata a morte – sono le parole di Giuseppe, trent’anni, una figlia –. E mi sono accorto che dovevo cambiare. Quando ho saputo del centro mi sono detto: esiste un posto dove ti ascoltano e non ti giudicano solamente». Più della metà (il 68%) degli uomini in cura sono sposati. Hanno un’età compresa tra i 23 e oltre 60 anni. L’82% ha almeno un figlio. Sono operai, insegnanti, commercianti, liberi professionisti. Con un buon livello culturale. Non sono degli isolati, ma si relazionano con ampie cerchie di amici. Quasi la metà, il 44%, sono stati denunciati dalla partner. Ad ascoltarli ci sono tre uomini. Psicologi formati dagli esperti dell’Alternative To Violence (Atv) di Oslo, che è un po’ l’università dei medici che vogliono occuparsi degli uomini violenti.
LE LETTERA DELLA SALVEZZA
I norvegesi hanno affiancato il lavoro del centro modenese con supervisioni via Skype. I norvegesi sostengono che la violenza è intelligente e ha sempre un fine: ottenere un beneficio, ovvero il controllo della relazione. «Non essere messi in discussione rispetto alla propria fragilità – chiarisce De Pascalis –. Noi insegniamo agli uomini a utilizzare comportamenti alternativi. Non elimineremo l’elemento della violenza. La differenza è canalizzarlo». Una tecnica fra le tante è quella della parola d’ordine, che può essere anche «bottiglia», da pronunciare nel momento in cui la temperatura sale e dopo la quale si esce dalla stanza. Stop. Il litigio che può degenerare è interrotto da «bottiglia». Nel momento in cui l’uomo riconosce che la rabbia si sta alzando, si mette in discussione e attua un cambiamento.
La terapia dura almeno un anno e per molti dei pazienti, dopo la fase del vis-à-vis, si passa al lavoro di gruppo. È un viaggio nell’altra metà dell’inferno che sta prendendo sempre più piede in Italia. Proprio il centro di Modena sta formando venti psicologi e supporta la Asl di Parma nell’apertura di un centro gemello. Anche a Napoli e a Rimini c’è un polo pubblico. Centri per uomini violenti sono nati a Roma, a Milano, Genova, Torino, in Sardegna. Nel settore privato il più longevo è il Cam di Firenze. Nella homepage c’è un test per soli uomini per valutare il punteggio dei propri «comportamenti controllanti». Un quiz per iniziare a guardarsi negli occhi.