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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

Parla Donald Trump. «Sto vincendo dappertutto. I russi bombardano in Siria? Lasciateli fare, quel posto è pieno di trappole. Perché dovremmo aiutare i ribelli di Assad? Non sappiamo neanche chi siano»

Signor Donald Trump, dopo la strage nel college dell’Oregon, lei non vorrebbe leggi più severe sulla vendita delle armi?
«Non è una questione di armi, ma di malattie mentali. Ci sono luoghi negli Stati Uniti, tipo Chicago, che hanno leggi molto dure sui controlli delle vendite, eppure in termini di violenza stanno peggio di tante altre città. Non è politicamente corretto, ma il problema sono le malattie mentali».
Parliamo del suo piano di tagli alle tasse: molti americani non pagherebbero nulla, ma secondo la Conservative Tax Foundation il deficit aumenterebbe di 10 trilioni in dieci anni.
«Non sanno di cosa parlano. Non aumenterà il deficit perché l’effetto sarà produrre posti di lavoro, e l’economia crescerà in maniera esponenziale. Poi faremo grandi tagli alla spesa, soprattutto al ministero dell’Istruzione».
In base alla sua dichiarazione dei redditi, lei ha guadagnato 250 milioni di dollari l’anno scorso.
«No, 605 milioni».
Non otterrà un vantaggio personale dal suo piano fiscale?
«Tutti ci guadagneranno, e i soldi serviranno per investimenti».
Parliamo di politica estera. La Russia sta bombardando in Siria, Hillary Clinton e John Kasich hanno proposto di creare una no fly zone. È d’accordo?
«Non credo. Ci conviene sederci e vedere cosa accade. La Russia, quando si chiamava Urss, rimase impantanata in Afghanistan».
Pensa che sia caduta in una trappola?
«Penso che non andrà alla grande per loro. Con l’Afghanistan finirono in bancarotta e l’intervento distrusse l’Urss. Ora vanno in Siria, dove ci sono molte trappole. Quando ho sentito che volevano combattere l’Isis, ho pensato: grande, lasciateli fare».
Ma non stanno bombardando l’Isis.
«Non ancora. Ma non vogliono neppure che l’Isis vada in Russia. L’altra cosa a cui guardo poi è Assad. È un cattivo soggetto, ma tutti lo sono. Noi appoggiamo i ribelli, ma non sappiamo neppure chi sono».
Allora sarebbe meglio il diavolo che conosciamo?
«Ho parlato con un generale che conosce bene la situazione, mi ha detto che non sappiamo chi sono queste persone: potrebbero essere peggio di Assad. Poi probabilmente dovremo andare contro l’Iran, che sta mandando truppe di terra, e grazie alla fine delle sanzioni ha 150 miliardi in più ed è ricco. E dobbiamo combattere per gente che nemmeno conosciamo? Guarda alla Libia con Gheddafi, l’Iraq con Saddam: pensi che ora stiamo meglio? Io non credo».
C’è anche la crisi dei migranti. Qualche settimana fa lei aveva detto che bisognava aiutarli, ora vuole rimandarli tutti indietro. Cosa è cambiato?
«Non sappiamo chi sono. Tutti uomini: dove sono le donne e i bambini?».
Sono la metà dei rifugiati.
«Scusi, ma molta gente dice la stessa cosa. Prima dovevamo prenderne 3.000, poi sono diventati 10.000, ora 200mila. Non sappiamo chi sono, potrebbero appartenere all’Isis. Questo potrebbe diventare il più grande cavallo di Troia, dopo l’originale. Se vinco, torneranno indietro».
Anche i bambini?
«Non dovremmo prenderli. L’Europa dovrebbe accollarsi un po’ di problemi. E poi ci sono i Paesi del Golfo, l’Arabia Saudita, il Bahrein, il Qatar, alcuni dei Paesi più ricchi del mondo che non accolgono nessun rifugiato. Loro sono là, e noi dovremmo prendere 200.000 persone, che non sappiamo neppure chi siano?».
Parliamo dei sondaggi. La maggior parte sono positivi per lei.
«Mi sto divertendo molto con la campagna, ed è ancora più divertente quando hai una popolarità così alta. Credo che dipenda dal dissenso. La gente è davvero insoddisfatta dei politici, e di come hanno gestito male il Paese. Sono solo chiacchiere e niente azione. Li conosco bene, ho avuto a che fare con loro tutta la vita. Penso che noi stiamo avendo un grande impatto. Quando vedi che i dibattiti sulla Cnn o la Fox hanno 23 o 24 milioni di spettatori, significa che molte persone che non avrebbero seguito la campagna ora si stanno interessando. Perciò penso che sto facendo un grande servizio al Paese».
Ma lei ha detto anche che non è masochista: se i sondaggi cambiassero, si ritirerebbe prima di essere battuto?
«Non è una questione di sondaggi. Sono felice perché sto avanti ovunque. In Florida sto ammazzando il governatore e un senatore. Sono avanti in Texas. Vincere, vincere, vincere, sto vincendo in tutti gli Stati.
E vinco alla grande anche a livello nazionale. Se questo cambiasse, e non avessi più la possibilità di vincere, mi ritirerei, perché non sono masochista e non ho bisogno di fare la campagna per altre ragioni. La questione più importante però è che voglio rendere l’America di nuovo grande. Penso che possiamo farla più grande di sempre, e questa è la cosa che mi eccita di più. Non i sondaggi, ma l’obiettivo finale, che è far tornare grande questo Paese».