Corriere della Sera, 5 ottobre 2015
Aldo Grasso distrugge “Ti lascio una canzone”, lo show della Clerici
Ma nella «nuova Rai» si può ancora accettare un programma come «Ti lascio una canzone»? L’abbiamo già scritto più volte: altro che pedagogia del Servizio Pubblico, lo show è quanto di più diseducativo si possa immaginare. Chiariamo subito che il problema è il format e non tanto chi lo conduce, cioè Antonella Clerici, sempre più bambolesca nell’abbigliamento e nelle movenze (Rai1, sabato, 21.10).
Vedere dei bambini e dei teenager messi in competizione tra di loro e sottoposti alle logiche del televoto (troppo facile cavarsela dicendo che a gareggiare sono le canzoni e non gli interpreti) fa subito sorgere qualche dubbio sull’opportunità del programma. Quando poi li si osserva scimmiottare gli adulti, con look studiati e artefatti, quando si vede un ragazzino duettare con Adriano Pappalardo sulle note di «Ricominciamo» o due bambini che si guardano languidamente negli occhi e interpretano «Something Stupid», i dubbi e le domande, anche su un rischio di sessualizzazione dell’infanzia (esiste un’ampia letteratura scientifica in proposito) si fanno sempre più pressanti.
Che senso ha far loro cantare canzoni che raccontano di emozioni che non possono capire, perché non le hanno ancora provate? È questo il vero problema: a chi parla davvero il programma? Per la scelta retrò delle canzoni, per gli ospiti, per la giuria (Lorella Cuccarini, Massimiliano Pani, Fabrizio Frizzi, Chiara Galiazzo) si direbbe che è costruito apposta per il classico pubblico agée di Rai1.
È vero che «Ti lascio una canzone» ha lanciato il successo del terzetto «Il Volo», è vero che ha saputo guadagnarsi e confermare una grande popolarità: ma basta questo a giustificarne la presenza su Rai1?
Non ci sarebbe da farsi qualche domanda sulla sua compatibilità con le linee editoriali del Servizio Pubblico? In una società dove gli adulti sono sempre più infantili, non si può certo delegare ai bambini il compito di comportarsi «da grandi».