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 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

Lydia Nsekera oppure Nawal El Moutawakel, cioè una nera o una musulmana al vertice della Fifa. È la scommessa di Blatter per salvarsi la faccia

«Il calcio è dominato dagli uomini. La Fifa deve permettere alle donne di avere le nostre stesse chance di ricoprire ruoli di responsabilità. È nostro dovere morale cambiare le cose».
Il maschio che nel 2004 provocò la rivolta delle femministe di tutto il pianeta proponendo per le calciatrici «divise più sexy, tipo quelle delle pallavoliste», non è diventato improvvisamente sensibile alle quote rosa all’interno del palazzone di Fifastraße 20, a Zurigo. Joseph Blatter, 80 anni il 10 marzo, ottavo re della Federcalcio mondiale in carica dal giugno 1998, si sta apparecchiando il futuro. Tra 145 giorni, al Congresso straordinario (26 febbraio 2016) che sarà chiamato a eleggere il successore dell’ultimo dittatore bianco dello sport travolto dagli scandali, potremmo assistere a un dribbling stretto tra numeri 10 (Michel Platini, presidente Uefa, dato per favorito fino al coinvolgimento come persona informata sui fatti nell’inchiesta della giustizia svizzera sui traffici di Blatter; Diego Maradona, che farnetica di scendere in campo, e Zico, che su Le Monde promette uno «choc democratico» se verrà scelto), a un’elezione politica (il Principe giordano Ali Bin Al Hussein, l’ex vice-presidente della Fifa, il sudcoreano Chung Mong Joon, o il sudafricano Tokyo Sexwale, compagno di prigionia di Nelson Mandela a Robben Island, spinto dalla Germania) o a uno scenario completamente inedito e rivoluzionario: una donna presidente della Fifa.
È evidente che la Federcalcio mondiale, scesa come popolarità ai minimi storici ma tutt’oggi detentrice di un potere economico straordinario (5,1 miliardi di dollari è il fatturato solo dell’ultimo Campionato del mondo), ha bisogno di ristrutturare la sua immagine. E allora perché non puntare su una dirigente femmina, gradita a Blatter (capace di spostare grandi pacchetti di voti anche nella disgrazia: «Sono stati i media a rovinare la reputazione di mio padre. È tutto frutto di invidia e odio» ha detto ieri la figlia Corinne a un quotidiano svizzero), la cui unica preoccupazione è scavarsi una via d’uscita dalla Fifa con qualcuno che gli copra le spalle. Qualcuno che non figuri come sua emanazione diretta ma che ne tuteli il passato e i quasi 18 anni di presidenza. L’opinione pubblica gli è contro, gli sponsor storici chiedono la testa di Blatter e minacciano cause di risarcimento danni (Adidas, entrata nel 1970, ha rinnovato fino al 2030 per 132 milioni di euro ogni quattro anni; Coca Cola, partner dal ‘74, ha un contratto da 105 milioni di euro ogni quadriennio in scadenza nel 2022 dopo il Mondiale in Qatar; Visa, dal 2007 al 2022 l’unica carta di credito ammessa negli stadi del Campionato del mondo, e McDonald’s: non avrai altro hamburger all’infuori di me). La salvezza potrebbe risiedere nell’esperienza di Lydia Nsekera, 48 anni, presidentessa della Federcalcio del Burundi dal 2004 al 2013, nel 2012 la prima donna ad entrare in quel rotary esclusivo e ad alto tasso di testosterone che è l’Esecutivo Fifa. Oppure, più a sorpresa ancora, in Nawal El Moutawakel, pioniera marocchina dell’atletica (prima africana musulmana a vincere un oro olimpico: 400 hs a Los Angeles 1984) e ormai storico membro Cio (ingresso nel ‘98). Lydia, come il suo idolo Margaret Thatcher, ha idee chiare e pugno di ferro: «Non pensate a me come a una donna – dice —, ma come a una persona che conosce bene il mondo del pallone. Se mi chiedessero di candidarmi? Sono stata educata come un militare: risponderei agli ordini. E se venissi eletta mi occuperei subito di riforme nell’interesse delle cinque confederazioni». E qui c’è chi ha visto un attacco a quella più ricca, l’Europa di Platini. L’apparente inesperienza di Nawal El Moutawakel in fatto di calcio è contraddetta da un curriculum ricchissimo: per volere di Blatter ha lavorato al Mondiale 2006 e ricoperto ruoli di responsabilità in varie commissioni Fifa. Il trait d’union che traghetterebbe Nawal dal Cio alla Fifa è lo sceicco Ahmed Al Fahad Al Ahmed Al Sabah, uomo forte del mondo olimpico internazionale, membro sia dell’esecutivo Cio che dell’esecutivo Fifa, potente amministratore di voti.
Lo scenario è affascinante. Un’africana di colore o una musulmana occidentalizzata rappresenterebbero scelte di grande rottura con il passato turbolento del palazzo del calcio. I voti dell’Africa e di una parte di Asia garantirebbero candidature morbide, pur nella loro spiazzante novità. C’è tempo fino al 26 ottobre.