Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 05 Lunedì calendario

Parla Edouard, l’amante del prete. Charamsa, con lui, è andato a sentire il Papa. «Amo sempre di più la Chiesa. Ho solo perso il lavoro»

ROMA La sua presenza, così «scandalosa» per il Vaticano, è invece quella che dà calma e sostegno a monsignor Krzysztof Charamsa, l’unico baricentro della sua vita dopo che quella di prima è stata spazzata via da un momento all’altro in seguito al suo coming out e alle dichiarazioni sui gay nella Chiesa. Eduard Planas, 44 anni, da quando è arrivato a Roma venerdì scorso non lo ha abbandonato un minuto. «È un cambiamento enorme, per lui e anche per me, ma non sono spaventato – dice —. Sorpreso sì, da quando ho visto l’enorme attrazione verso gli altri che esercita», aggiunge nel suo buon italiano condito da qualche parola catalana. «Quando sabato ha cominciato a parlare, ho sentito nella sala come un’aura, una tensione spirituale: le sue parole entravano nel cuore della gente». Sabato e domenica Charamsa e Planas sono stati quasi sempre da soli, dopo che la comunicazione con il mondo in cui il teologo è vissuto finora si è interrotta bruscamente. «Ma non è stato questo il momento più difficile – spiega Planas —, il passaggio più duro per Krzysztof e per me che gli ero vicino è stato liberarsi dalla oppressiva vergogna di non essere una persona eterosessuale». «Questo l’ho imparato da te – lo interrompe Charamsa con dolcezza —. E sono convinto che è un passaggio profondamente cristiano, perché riflette la nostra verità e ci permette finalmente di dedicare il cuore libero da complessi e sensi di colpa a Dio e agli altri», dice tornando per un attimo a parlare come qualcuno che è di casa tra i libri di teologia.
Il loro rapporto rimane solido e si vede anche da come si alternano continuamente finendo l’uno le frasi dell’altro: «Ho visto in questi giorni le cose per cui lo amo – dice Planas —: io sono una persona normale, che ha incontrato una persona molto speciale». Poi alle proteste di Charamsa («Non è vero che non sei speciale!») sorride e aggiunge: «Allora diciamo così: siamo complementari e grazie a questo vediamo il mondo in modo più completo».
Ieri i due hanno seguito papa Francesco che durante le celebrazioni per l’apertura del Sinodo ha tra l’altro ammonito la «Chiesa con le porte chiuse» che «tradisce se stessa»: «È stato un conforto: in ogni omelia il Santo Padre ci ha abituato a lasciarci una parola forte, che è comprensibile a tutti e non diretta solo a pochi eletti: va al cuore e scuote la coscienza – afferma Charamsa —. Oggi mi sento ancora più parte della Chiesa, l’ho scritto a mia madre: amo la Chiesa più di due giorni fa. Non ne sono uscito, ho solo perso il lavoro in un ufficio».