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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

Chiudono con la biancheria di Balenciaga le sfilate di Parigi

Balenciaga bye bye. È l’ultima sfilata quella che ieri sera Alexander Wang ha mandato in scena per il marchio. Da oggi si apre il toto scommesse su chi potrà succedergli. Ma intanto Wang è felice come non mai, esce in passerella ballando, salta, si fa un selfie, saluta la platea con le braccia sollevate in segno di vittoria. Galvanizzato all’idea di lasciare dopo tre anni per potersi dedicare alla sua linea che sta andando a gonfie vele.
L’intimo sfratta l’abito
Sulla pedana allestita in un ex chiesa, profilata di vasche in marmo colme d’acqua, scorre l’angelicata donna in bianco. Fra un tripudio di lingerie, scandito da pagliaccetti in seta grondanti pizzi e volant, sottovesti con reggiseni ergonomici; camicie da notte drappeggiate. Come se si fosse appena alzata dal letto di un hotel di lusso, lei incede in ciabattine rasoterra di pizzo. Romanticissima. Un po’ Courtney Love dei bei tempi di Kurt Cobain, ma con la faccia pulita. Fra le modelle c’è anche gruppetto di ragazze, neo attrici e socialite, capitanate da Zoe Kravitz, la figlia di Lenny. Le note di «California love» di 2Pac, sparate a tutto volume, sembrano accordarsi di più con certe salopette e jeans cargo da imbianchino che con la sventagliata di svenevole biancheria che le precede, ma tant’è. Sembra proprio che la prossima estate dovremmo uscire di casa soltanto con l’intimo. Meglio se vagamente retrò.
Un guardaroba per due
A Parigi per ora i filoni portanti sono due. Il primo sveste con grazia (a volte troppo smielata) le jeune fille en fleur; il secondo le copre nel gioco dell’unisex, usando i capi della sartoria maschile. E seguendo il fenomeno galoppante del genderless, femminilizza non poco anche le tenute di lui. «Un guardaroba per due» è il cavallo di battaglia di Vivienne Westwood.
«Spendi meno e meglio», sostiene l’irriverente stilista inglese, attenta ai temi dello spreco e dell’ecologia. Questa volta la sua mission è salvare Venezia, ormai troppo assediata da russi, arabi e americani danarosi che comprano a man bassa i più bei palazzi della città snaturandola. Per sottolinearlo, attraverso un linguaggio estetico non solo fatto di slogan, parte per un viaggio virtuale dal Dodicesimo secolo. Quando a Venezia sbarcava la merce dall’Oriente. Ricca di broccati, di tessuti ricamatissimi sfoggiati indifferentemente da uomini e donne. Marsine e boleri, velette e abiti da pellegrino s’incrociano confondendo lei con lui e viceversa. I blazer dalle spalle poderose sono taglia unica, si adattano al fisico di tutti e due. «Una sublimazione del tailoring made in England targato all’interno con l’etichetta Unisex», dicono alla maison. Gli spolverini sono cuciti con i tessuti delle tende d’antan, si infilano su grandi gabbie che sfalsano le proporzioni. Colta e difficile, come sempre, l’ex regina del punk trasforma il vestito in un’arma di contestazione sociale.
Tutte in blazer
Cambia la musica, ma non la sostanza da Acne Studio. La griffe svedese suona il rock con giganti chitarre in plexi piazzate sulle giacche a scatola, portate senza niente sotto, come fossero un abitino. Riecco il tormentone del maschile al femminile.
Il blazer torna alla grande, ma per una versione più facile è meglio rivolgersi ad Alberto Biani che immagina tailleur pantalone cittadini in seta o lino, così rilassati da portare anche a Ibiza in riva al mare. Accostando fantasie diverse (pescate nell’immenso archivio Anni Novanta del brand). Dedicata a chi è sempre di corsa ecco la blusa tri-funzionale: con un gesto diventa anche top o mantellina.
I capi in pelle sono un passe- partout, ma è la lavorazione a fare la differenza. Lo dimostra Marianna Rosati che per Drome li intreccia al denim, li sfilaccia e li plissetta con complicati passaggi al vapore, per capi decostruiti che sembrano quasi non finiti, imperfetti, a ricordare anche solo nella tatticità delle pelli la sua estetica unica.