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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

Mata Hari, Anna Chapman e gli altri James Bond della storia riuniti a Berlino nel museo delle spie

BERLINO. LE SPIE SONO TRA NOI, qui, nella Berlino città di spie dall’era del Kaiser almeno fino alla Guerra fredda. Volete incontrarle? Venite al 9 di Leipziger Platz, la piazza-ottagono dei tempi di Guglielmo II ora splendidamente risorta in chiave postmoderna, a un passo da Potsdamer Platz. Ci saranno Mata Hari nel supersexy vestito attillato con cui strappò segreti all’Intesa e li passò agli Imperi centrali pagando con la vita; c’è Anna Chapman, la “bomba” russa in servizio per anni a Londra e oggi eroina nazionale a Mosca; o l’ammiraglio Canaris, capo geniale ma dubitante dell’Abwehr nazista che alla fine Hitler fece impiccare come sospetto traditore. Le loro storie e i loro strumenti di lavoro sono esposti analogicamente e digitalmente, tra touchscreen e interviste interattive, nel nuovissimo Spy Museum che non poteva che nascere qui, nella Berlino del cielo diviso di Wenders, campo di battaglia per tutti i James Bond della storia. «L’idea ci affascinava da anni, alla fine abbiamo trovato gli sponsor per un museo indipendente, senza condizionamenti pubblici», mi racconta il direttore Joachim E. Thomas accompagnandomi nella straordinaria città virtuale delle spie. Si parte dal 1400 avanti Cristo per arrivare all’oggi. «È il secondo mestiere più antico del mondo, e spesso si è servito del primo, con le motivazioni ideologiche o venali più diverse», nota ammiccante Herr Thomas. Ecco gli 007 dell’Antica Grecia che spiano i persiani per finire poi scuoiati dagli aggressori. Ecco Apis, supercapo delle spie di Belgrado che organizza l’attentato di Sarajevo scatenando la Prima guerra mondiale. Ecco l’eroe sconosciuto della Guerra fredda, nome in codice Topas, al secolo Rainer Rupp, infiltrato dai mitici 007 di Markus Wolf, capo dell’Hva, l’intelligence della Ddr, in Occidente. La sua storia merita di essere raccontata: nel 1983 un’enorme esercitazione Nato mette Mosca in allarme, i sovietici temono un attacco e preparano un colpo atomico preventivo; Rainer corre a Berlino Est coi piani rubati delle manovre Nato, li fa passare a Mosca e spiega ai russi che non c’è nessun piano d’attacco. Solo allora il Cremlino annulla i programmi di lancio imminente di centinaia di supermissili SS-18. «Non mi sento orgoglioso, ho fatto solo il mio dovere», ci dice oggi Rainer su touchscreen. Si incontrano tutti e c’è di tutto, nella città delle spie di Leipziger Platz. La macchina-codice nazista Enigma, per esempio, quella decifrata dall’Alan Turing interpretato al cinema da Benedict Cumberbatch. L’ombrello avvelenato che uccise a Londra il dissidente bulgaro Markov. L’annaffiatoio che nasconde al suo interno una telecamera. O la Trabant con raggi infrarossi nella portiera. Ma ecco, in una stanza ci sorride Rudolf Stanitz, specialista dell’Abwehr, il servizio segreto tedesco fino al 1945, attivo nei territori russi occupati, che confessa la sua tristezza per la gente che soffre e nutre dubbi sulle chance di vittoria. Ecco poi Dieter Feuerstein, ingegnere alla Messerschmitt, capoprogetto del Tornado della Nato ma in segreto sincero comunista. Proseguendo ci viene incontro Heinz Felfe, superagente nazista, poi riciclato nei servizi di Bonn che alla fine scelse di passare tutti i suoi segreti all’Est. E infine, spicca, tra tutti, Oleg Gordievsky, enfant prodige del Kgb e talpa dell’MI5 inglese: quando venne scoperto fu la regina Elisabetta in persona a ordinare un blitz delle Sas, le forze speciali britanniche, per salvarlo dalla condanna a morte e portarlo al sicuro. «Oggi con il mio ex del MI5 e storico Christopher Andrew scriviamo libri», dice sempre su touchscreen. Non poteva mancare ovviamente una sezione tutta dedicata a James Bond, con le armi ideate dal maggiore Geoffrey Boothroyd, nome in codice Q, e con l’intera collezione delle Bond-girl. Poi, appena prima di uscire, una sorpresa: incontriamo Edward Snowden e Julian Assange, ma anche Mr. Google e Mr. Facebook. Tanto per ricordarci chi, oggi, sono le vere spie.