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 2015  ottobre 04 Domenica calendario

Se qualcuno ti scrive: «Vorrei baciarti sulle l’abbra», lascialo perdere. È un corteggiatore sgrammaticato, da evitare come la peste (c’è anche un sito)

Il proverbio dice “Moglie e buoi dei paesi tuoi”. Paesi, non siti. Deve esserci sotto, infatti, un problema di globalizzazione se oggi c’è chi si accorge (con dovizia di statistiche e commenti di linguisti togati) che lo snobismo grammaticale è uno dei criteri con cui i frequentatori di siti per incontri galanti scelgono i possibili partner. Un tale Jeff Cohen, racconta il Wall Street Journal, ha disertato un appuntamento promettente perché la sua per altri versi sconosciuta pretendente gli ha scritto: «Ci vediamo loro» (their) anziché “là” (there). Benvenuti, amici americani! In Italia la pagina Facebook “Scartare corteggiatori e potenziali amanti per gli errori grammaticali” è attiva dal luglio del 2010, ed è seguita da centomila utenti e più. Se Jeff Cohen avesse letto «vorrei baciare le tue dolcissime l’abbra», come è capitato a una seguace della pagina Facebook di cui sopra, avrebbe forse approfittato della liberalità della legislazione americana in tema di possesso di armi personali. Quando meno, ci avrebbe pensato. Parrebbe allora che Internet abbia spianato i simmetrici stereotipi che una volta associavano il massimo della femminilità al tipo dell’“oca” e il massimo della virilità al tipo della “bestia”. Neanche vent’anni fa Paolo Virzì descriveva in Ovosodo un certo tipo di condizione maschile: «Un congiuntivo in più, un dubbio esistenziale di troppo e venivi bollato per sempre come finocchio». Gli esempi femminili si sprecano. Ma sarà proprio vero che esibire un eloquio cruscante sia divenuto, all’improvviso, un viatico per una vita di relazione intensamente felice e variegata? C’è da dubitarne. È che quando ci si conosce solo tramite la scrittura, anche i dettagli prendono importanza. Conoscendosi nel mondo si sa subito come si parla, come ci si comporta, come si appare. In Rete, invece, grande parte della propria identità è consegnata alla scrittura, ciò che suona ironico rispetto alle ordinarie accuse di superficialità, virtualità, se non irrealtà che si muovono alle relazioni telematiche. Un errore di sintassi o di ortografia, inoltre, rimane scritto, e come i classici secondo Italo Calvino non ha mai finito di dire quello che ha da dire. Una volta Renzo Arbore confessò di aver lasciato una sua morosa pugliese perché la stessa pronunciava la parola “tesoro” con un’inflessione per niente accattivante. Insomma, non era cosa. Oggi questo genere di insofferenza risulta però aver raggiunto livelli un po’ esagerati. Il Wall Street Journal parla apertamente di “crimes against grammar”, crimini contro la grammatica, e molti intransigenti censori del linguaggio altrui amano definirsi “grammar nazi”, nazisti della grammatica: dimostrano così un sense of humour non certo all’altezza delle loro fisime puriste. Quale tendenza alla sciatteria è scandalosamente rivelata da una mancata consecutio? E siamo così certi dell’irreprensibilità del nostro stesso eloquio? Da quando mogli e mariti (e chissà i buoi) non vengono più cercati negli immediati paraggi, siamo tutti costretti a confrontarci con le intolleranze linguistiche altrui: oltre all’aspetto esteriore e alla gradevolezza dei modi, tutti dobbiamo interrogarci sull’orecchiabilità della nostra calata regionale e sulla sostenibilità della nostra competenza grammaticale. Curiosamente non è un problema per chi parla in pubblico per lavoro, perché anzi negli ultimi decenni gli accenti locali sembrano essere addirittura enfatizzati anche dagli speaker dei telegiornali ( un servizio al tg sulla camorra sembra quasi più credibile se l’inflessione è quella autoctona). Ma per iscritto, e nel privato, gli errori diventano crimini. Se una persona che si interessa a noi dimostra di esprimersi “male” (secondo i nostri parametri) ci sentiamo pressoché offesi. Mettere la circostanza sul piano legalitario è probabilmente esagerato, ma in tale reazione si intravvede come un sussulto interessante: c’è un livello di competenza linguistica riteniamo dignitoso e sotto al quale non ammettiamo che si scenda. Se il bacio di Cyrano era un apostrofo, scrivendo è meglio cercare di non piazzarlo nel punto sbagliato.